Oggi la nostra redattrice Giulia Quaranta Provenzano ci propone l’intervista al produttore discografico, art director, manager e consulente musicale. L’anche songwriter, con l’occasione, ha sottolineato come ritenga impossibile racchiudere l’Arte in scomparti e come essa non sia un concetto testuale.

Buongiorno Gianni e grazie della disponibilità! Vorrei iniziare col domandarLe quando, come ma soprattutto da quale esigenza e motore interiore ha avuto origine il Suo impegno e la Sua dedizione in campo musicale e non solamente in quello [https://www.giannitesta.com/]. “Buongiorno Giulia! All’età di quattordici anni scrissi una canzone che si intitolava “Voglia di music”, il cui testo diceva «Mangio la musica, bevo la musica, respiro la musica, va bene così. E canto per vivere, gridare e sorridere, tu sei il mio paradiso»… In questi versi è racchiuso il mio rapporto, appunto, con la musica”.
Da piccolo chi immaginava, sognava, di diventare “da grande” e che bambino è stato? Ci racconta un po’ – partendo dai Suoi primi passi – come e con quale speranza è arrivato a dedicarsi a quella che è la Sua professione – e se in ciò ipotizza che centri anche il “destino” (eventualmente, cos’è il destino?) o se è dell’idea che l’essere umano sia il solo artefice della propria sorte? “Io nasco come un bambino prodigio, perché ho iniziato a muovere i miei primi passi nel mondo della musica già a partire dall’età di otto anni. Ne avevo appena compiuti nove quando cominciai a scrivere inediti e a vincere vari festival. Tanta strada, tanti sacrifici, tante serate anche con gruppi etnici – all’epoca folcloristici… per poi passare attraverso la scuola di Mogol, il Festival di Castrocaro e tanto teatro musicale con Massimo Ranieri… e dopo ancora sono arrivato in Rai, come corista, nei programmi in onda in prima serata. Il destino non esiste. Conta il molto lavoro, la determinazione e una preparazione solida. Credo fermamente nel divino. Dio è il mio motore, il mio oggi, il mio ieri e il mio domani”.

Se dovesse assegnare un titolo alle fasi più significative della Sua esistenza finora quale colore e quale canzone assocerebbe a ciascun periodo? “Il mio colore è l’arcobaleno poiché è dai sette colori che deriva e si arriva alla perfezione della luce… e io ambisco a questa. È importante, per me, ogni piccolo dettaglio e sfumatura. I brani ‘Sing Your Name’ di Terence Trent D’Arby e ‘Dance Little Sister’ mi hanno accompagnato nei momenti di più grande successo”.
Nella società attuale e altresì nella Musica quale ruolo Le pare giochi l’immagine visiva, l’estetica, nel veicolare – per esempio nei videoclip musicali – il significato in campo artistico ma pure nell’essere almeno in parte il “bigliettino da visita” di ciascuno di noi? E quanto “pesano” invece rispettivamente il testo, la voce e la base nelle creazioni che più apprezza? “Immagine, testo, arrangiamenti devono essere tutti ben curati e ben strutturati. Senza la prima [ossia senza immagine] non potrebbe esserci il secondo [ovvero il testo], n’è il personaggio… quindi, per ognuno di noi, prima viene proprio l’immagine e poi tutto il resto”.

Musicalmente c’è qualcuno al quale guarda con stima e con cui Le piacerebbe collaborare? “Un artista è chi ha talento e carisma, senza questi non c’è arte… deve farmi emozionare a tal punto da diventare indimenticabile per il mio cuore. Un professionista invece è un’altra cosa infatti, per esempio, ci sono bravissimi artisti giovani che però non sono ancora professionisti. Un professionista è colui il quale è affermato dal punto di vista della sua carriera. Avrei voluto tanto collaborare con i grandi miti della musica internazionale quali Prince, Michael Jackson, George Benson. Oggi, magari, mi piacerebbe farlo con Jamiroquai, Lady Gaga, Madonna”.
Produttore discografico noto non di meno per una vasta esperienza che spazia dal teatro con Massimo Ranieri sino a importanti programmi delle reti Rai, direttore artistico di grandi festival e talent italiani e in primis di Area Sanremo, direttore artistico anche di Joseba Label e Joseba Publishing – da, per metà, Imperiese quale sono – Le pongo una domanda forse prevedibile benché spero non banale: cosa ne pensa del trionfo sanremese di Mahmood e Blanco con “Brividi”? Sanremo che cosa significa per Lei e quale ricordo conserva delle emozioni al Teatro Ariston? “Credo che la vittoria di Mahmood e Blanco sia stata più che meritata, rappresentano la modernità ma non la banalità. Una vittoria studiata sì a tavolino, però super convincente. Sanremo rappresenta mille emozioni, emozioni derivanti pure dalla mia storica amicizia con Vittorio De Scalzi che di recente è andato via. Abbiamo scritto insieme alcuni testi e sono co-produttore, nonché co-editore, dell’ultimo brano da lui pubblicato cioè ‘Quelle Navi’”.

La capacità di rinnovarsi e adattarsi ai tempi e ai luoghi quanto è fondamentale, a Suo avviso, e cosa significa e comporta per quello che La riguarda “stare sul pezzo”? “L’essere più forte è quello disposto al cambiamento… ce lo insegnano le cellule, i virus, i batteri che mutano continuamente per adattarsi all’ambiente circostante e così sopravvivere. Credo che, in ogni settore, non mantenersi rigidi mentalmente e imprenditorialmente sia l’arma vincente dei numeri 1. Gli artisti più grandi ci hanno insegnato che essere tali non vuol dire essere complicati e inafferrabili. Brani come ‘Il cielo in una stanza’ di Gino Paoli, ‘Meraviglioso’ di Domenico Modugno, ‘Il mondo’ di Jimmy Fontana sono delle hit mondiali… dunque dico che avvicinarsi al pubblico non è da ‘venduti’, ma da intelligenti. Spesso la genialità sta nella semplicità, non nella banalità ovviamente”.
Qual è l’istante in cui, se realmente un tale istante esiste, un emergente capisce che non lo è più? Mi scuso adesso qualora ciò risulti sfrontato e inopportuno tuttavia già che siamo in argomento volevo chiederLe, benché io non segua alcuna metrica tradizionale quale songwriter, se posso proporLe la lettura di qualche mio testo – sarei infatti entusiasta lo trovasse interessante e utilizzabile. “Un emergente capisce che non lo è più quando diventa un professionista affermato. Alla seconda domanda Le rispondo positivamente, io ascolto e leggo sempre tutto ciò che mi viene proposto”.

Ha su Instagram (clicca qui per il profilo) molti follower… ebbene quale pensa sia il denominatore comune a farLa apprezzare così largamente dalle persone e quale suppone sia la Sua peculiarità in ambito professionale e a livello di personalità, caratteriale. “La mia forza è il mio sorriso costante, il mio essere diretto e autentico in tutto quello che faccio e dico. A volte posso sembrare spigoloso, ma ci sta”.
Sempre a proposito di social, qual è il Suo pensiero a tale riguardo e con quale finalità ci si approccia e li utilizza? I social che incidenza hanno nella Sua quotidianità e quale idea si è fatto del loro uso nei più differenti ambiti? “I social sono molto spesso noiosi e poco attendibili, dietro ci sono sovente persone che si descrivono in maniera completamente diversa da quello che sono in realtà. Un loro uso smodato diventa una schiavitù. Ai fini lavorativi, invece, possono fungere da arma vincente per non essere schiavi dei grandi poteri… e per grandi poteri intendo i telegiornali e le grandi testate che tanto spesso ignorano i più piccoli… ma facendo buon uso dei social per l’appunto, tuttavia, si può essere ugualmente vincenti”.

I ricordi, la pianificazione e la progettualità, la sperimentazione e l’osare quanto sono fondamentali nel Suo vivere e in che misura veicolano o no le Sue scelte? Nella musica, di solito, Le sembra di seguire l’istinto oppure la razionalità? “Io sono un temerario, non ho mai avuto paura di osare e di rischiare. Sono un grande sognatore tant’è che mi sono catapultato in una città come Roma, arrivando da un piccolo paese della Calabria, da solo e senza alcun punto di riferimento (se non il mio amico Alessandro Greco che, ai tempi, non era famoso). Faccio l’imprenditore e continuo a rischiare ogni giorno sulla mia pelle, senza usare il paracadute. Seguo l’istinto… nella musica non si può seguire la razionalità”.
A Suo dire, da quale seme infestante hanno origine le brutture che all’opposto tanto allontano dall’Arte quale figlia delle stelle? Pensa sia possibile la libertà del singolo pur non trasformandola in egoismo e tirannia del personale? “Io credo che la libertà sia un valore fondamentale… fino a quando non lede quella del prossimo. Nella vita bisogna essere ordinati, disciplinati, educati, coerenti, sorridenti ma anche autentici e quindi liberi. Le brutture hanno origine dalla cattiveria, dall’invidia e dalla gelosia, dalla violenza e dalla guerra”.

Cosa connota il nucleo caldo dell’essere di una persona: l’intenzione e quello che, tuttavia, talvolta rimane in potenza o l’azione ovvero quello che si traduce sempre in effettività sul piano pratico? E al di là del percorso umano mosso dal pensiero e dall’azione, si è mai domandato come può sussistere la bontà, l’onnipresenza e l’onnipotenza di Dio di fronte ai mali non soltanto morali (dunque causati e derivanti dagli uomini) ma naturali (come terremoti, inondazioni, malattie)? “Il nucleo caldo di una persona è l’intenzione, mentre la razionalità raffredda tutto. Dio esiste e noi abbiamo il libero arbitrio, in quanto l’abbiamo preteso alla Creazione. La vita qui è solo un passaggio, quindi l’esperienza che ne facciamo e il fatto che possa essere decisa da una causa naturale, da una malattia, da una violenza resta comunque sempre solo un passaggio. Sicuramente una morte violenta non è augurabile a nessuno… ma io non posso rispondere al perché esistono i terremoti, le inondazioni e tutto il resto. Esistono dai tempi della creazione del mondo, che è in continuo mutamento… il motivo per cui l’Amore Eterno li permetta, non mi è dato conoscerlo”.
Discorrendo infine di amore nelle sue varie declinazioni verso differenti soggetti sia umani che animali, ambiente, passioni etc., amore che è spesso uno dei temi cardine in ambito artistico nonché la cosiddetta “Isola del Tesoro” pressoché di ogni essere vivente, benché io non voglia indurLa ad alcuna categorizzazione né schematismo riduttivo, ingabbiante e preconfezionato, ho una curiosità ossia per Lei cos’è appunto l’Amore? “L’amore è la mia ragione di vita, il motivo per cui mi alzo la mattina e sorrido. È tutto quello che metto nel mio lavoro e nella mia vita privata. L’amore è guardare negli occhi di un bambino e sentire un brivido lungo tutta la schiena. È la carezza di mamma, la telefonata di papà, la soddisfazione di un mio artista che va sul palcoscenico e vince un premio, ma anche solo il fatto di vederlo sul palco mi riempie il cuore di gioia. L’amore è il creato di Dio”.

Prima di salutarci può e vuole anticiparci quali sono i suoi prossimi progetti e, magari, rivelarci qualche chicca in anteprima? “Ho un milione di progetti… Al momento sono totalmente assorbito dalla promozione della nuova hit di Valeria Marini,’Baci Stellari’. A breve ci sarà pure l’inaugurazione di Joseba Academy e poi il nuovo film di Federico Moccia ,’Mamma qui comando io’, di cui ho realizzato la colonna sonora e tante altre cose ancora. In tutto questo, spero di avere il tempo di andare un po’ in vacanza”.
