Oggi la nostra redattrice Giulia Quaranta Provenzano ci propone l’intervista alla cantautrice. Nell’intervista che ha rilasciato, la giovane donna ha parlato della sua concezione della musica e non solamente di questa…

Buongiorno Evra! Vorrei iniziare col domandarti quando, come e soprattutto da quale motore interiore ha avuto origine il tuo impegno e la tua dedizione in campo musicale (anche alla luce del tuo nome d’arte). Buongiorno a te, Giulia! Il mio impegno e la mia dedizione in campo musicale ha avuto origine quando ero davvero molto piccola. Ricordo che, essendo figlia unica e con i miei genitori sempre a lavoro, passavo tantissimo tempo davanti alla TV… e i programmi che mi colpivano maggiormente erano quelli in cui proprio la musica era il tema principale. Ho iniziato quindi a cantare da bambina e l’ho sempre fatto con molta dedizione e determinazione. Ho intrapreso presto il mio percorso, fino a raggiungere una sorta di concretezza – anche se sono ancora lontana da ciò che vorrei che fosse, ma va bene così. Ho scelto il mio nome d’arte, che proviene da un gin agricolo (ossia niente di troppo poetico…), non appena ho capito che i miei testi e le mie melodie potevano assomigliare a delle vere canzoni”.    

Da piccola chi immaginavi di diventare “da grande” e che bambina sei stata? “Come anticipato, sono stata una bambina piuttosto solitaria. Ero spesso sola a casa o a casa di parenti adulti quali mia nonna e mia zia. Questo mi ha portato a non avere molti scambi con i miei coetanei dunque, per non annoiarmi, per forza di cose mi sono dovuta creare una realtà di “gioco” alternativa e lavorare d’immaginazione. La musica è stata fondamentale in ciò, mi divertivo tantissimo a creare dei mondi immaginari in cui vivere e in cui ero una ragazza pronta a realizzare il sogno di fare la cantante. È stato, tale desiderio, qualcosa che ho sempre sentito e percepito fortissimo… proprio come se vi fossi nata e, perché no, fossi predestinata a cantare. Mi rende però triste pensare a un mondo nel quale è il destino a scegliere per noi… credo troppo nella mia intelligenza e nel mio spirito critico per pensare che sia stato e sia qualcun altro, qualcos’altro, a scegliere per me. Preferisco pensare pertanto – lasciando sempre una porta aperta al dubbio – che nasciamo con delle predisposizioni e con delle forti passioni, ma che poi stia a noi scegliere cosa farne e come svilupparle o no”.           

Cosa rappresenta per te l’Arte, la musica in particolare e quale ritieni esserne il potere nonché principale pregio e valore? Secondo la tua sensibilità, per ciò che ti concerne, ritieni che l’Arte abbia più a che fare con l’intimistico “auto centrico”/autobiografico o maggiormente con il sociale-politico in senso ampio? L’arte, per me, è un linguaggio universale in grado di comunicare e raccontare le emozione nel modo più puro che esista. Essa esprime ciò che le parole non riescono e tocca lo strato più profondo dell’animo umano. L’arte ha il potere di riconciliare le persone con la parte più nascosta di sé e allo stesso tempo riesce a unire gli uni agli altri in maniera del tutto spontanea… Crea connessioni con noi stessi e col mondo ed è, questa, un’evidenza che trovo incredibile. Ho idea che l’istinto di fare arte, di fare musica, nasca dal bisogno egoistico di parlare di se stessi e della propria vita, dei propri sentimenti. Essendo la nostra esistenza strettamente collegate ai nostri ideali, è impossibile prescindere da essi… e quindi è, allo stesso modo, impossibile non raccontare ogni aspetto di ciò che ci circonda. Partendo da quello che accade al singolo, si arriva a trattare argomenti che coinvolgono tutta la comunità”.

Nella musica, ad esempio nei videoclip, quale ruolo ti pare giochi l’immagine visiva/l’estetica nel veicolarne il significato ma pure nell’essere, forse, almeno in parte e di primo acchito il “bigliettino da visita” di ciascuno di noi? Quanto “pesano” invece rispettivamente il testo, la melodia e la voce nelle creazioni che maggiormente apprezzi? “La parte visiva di un qualcosa che inizialmente è solo uditivo, aggiunge dettagli e particolari alla storia. È come se, appunto, si aggiungesse un tassello per comprendere meglio ciò di cui si parla. Personalmente, dopo aver scritto una canzone, io sono piuttosto incapace di immaginare un videoclip… mi riesce molto difficile tant’è che chiedo consiglio a chi è più capace di me proprio perché, quando si sceglie di raccontare visivamente un brano, le immagini diventano importanti tanto quanto l’aspetto melodico e testuale”.    

A tuo avviso la musica destinata a fare Storia può essere soltanto quella in linea con i consolidati ascolti abitudinari e prediletti dalla maggioranza in base al luogo e periodo in cui si vive, o piuttosto è quella che si differenzia e talvolta non viene subito capita e/o apprezzata davvero perché – se accolta – scardinerebbe la già “digerita moda” vigente? “Dal mio punto di vita, fa Storia soltanto chi ha il coraggio di osare e di andare controcorrente… chi, cioè, crea una personale tendenza a costo di non piacere e di non arrivare subito. Per fare Storia, ci vuole tempo e soprattutto ci vuole un’idea che sia diversa dal pensiero comune. Sono categoricamente contro lo scendere a patti col pubblico, col modellare la propria arte per piacere alla gente – non è un modus operandi che applico e che condivido. È proprio questo atteggiamento che, infatti, ha portato alla situazione discografica in cui ci troviamo oggi ossia al proliferare di tormentoni estivi e canzoni scritte a tavolino (al punto che quasi nulla invece, ormai, c’è di destinato a restare nel tempo)”.      

Quando osservi/leggi/ascolti un creativo, una persona di spettacolo, cosa ti impressiona positivamente e cosa più ti entusiasma tanto da fartelo ritenere un vero e valente professionista quale che sia l’ambito di attinenza? Musicalmente c’è qualcuno al quale guardi con stima e con cui ti piacerebbe lavorare e collaborare? Ciò che mi impressiona maggiormente quando ascolto persone di spettacolo, sono l’umiltà e il coraggio. Amo vedere artisti di successo che non hanno perso la loro umanità e che hanno il coraggio di trattare argomenti di cui di solito non si parla perché considerati dei tabù. Il mio sogno nel cassetto è quello di collaborare con Carmen Consoli, che è stata la prima cantautrice donna che io abbia mai ascoltato e credo, non a caso, che i suoi dischi mi abbiano insegnato tantissimo. L’apprezzo molto in quanto ha voluto e saputo affrontare tematiche quali l’abuso sessuale, la violenza sulle donne, le relazioni tossiche e lo ha sempre fatto con molta intelligenza”.    

A proposito di talent e social [clicca qui per accedere al profilo Instagram di Evra], qual è il tuo pensiero al riguardo e con quale finalità ti ci approcci e li utilizzi? “I social e i talent hanno un grande potere, ovvero quello di affacciarci virtualmente a un numero indefinito, a tratti altissimo, di altri esseri umani sparsi nel mondo. Ciò è sinonimo di potenza ma, allo stesso tempo, è anche un pericolo. Credo sia necessario – prima di esporsi mediaticamente sia in piccole, che in grandi dosi – avere coscienza di sé e del fatto che i social (e altresì i talent) non hanno assolutamente il ruolo di definire chi si è, bensì semplicemente di mettere in comune parti della persona nella maniera in cui lo si ritiene più giusto e coerente. Nel caso dei social, io mi impegno a usarli rispettando molto me stessa. Sto cercando un equilibrio… difatti ci sono giorni in cui ho bisogno di ricaricarmi e i social sono l’ultima cosa che uso, mentre altri in cui ho voglia di raccontarmi e lo faccio”. 

I ricordi, la pianificazione e la progettualità, la sperimentazione e l’osare quanto sono fondamentali nel tuo vivere e in che misura veicolano o meno il tuo quotidiano a livello artistico? Nella musica, di solito, ti sembra di seguire e consiglieresti di assecondare l’istinto oppure la razionalità? Di base mi reputo una persona istintiva e anche piuttosto ‘caotica’. Il pianificare e il progettare mi mettono in estrema difficoltà ma ogni giorno, con qualche piccolo sforzo, mi siedo a tavolino ché mi rendo comunque conto di quanto sia estremamente importante porsi degli obiettivi e seguire degli step, organizzare il lavoro. Nello scrivere e nel creare da zero un brano, sono mossa principalmente dal desiderio e dalla voglia di sperimentare e osare… e di riconnettermi con i miei ricordi e il mio vissuto. Il consiglio che mi sento di dare  –  perché su di me sta avendo ottimi risultati – è quello di seguire totalmente l’istinto in una prima fase e poi, alla fine del processo, introdurre un po’ di razionalità per riordinare le idee e quello che è venuto fuori”. 

A proposito del tuo primo singolo “x averti” [clicca qui https://youtu.be/fb37_Xjo8v4 per ascoltare il brano], puoi rivelarci la sua genesi e da quale “spinta” interiore, motivazionale e progettuale è nato? “Il mio singolo ‘x averti’ è nato una domenica pomeriggio… quel giorno mi sentivo parecchio sensibile ed empatica rispetto alla popolazione Ucraina, che stava vivendo enormi atrocità. In particolare sono stata molto male guardando un video di un padre in procinto di arruolarsi, che salutava e abbracciava sua figlia. I suoi occhi erano pieni di lacrime, perché sapeva che quella sarebbe potuta essere l’ultima volta che lo faceva. Questo pensiero ha mosso qualcosa dentro di me e ho iniziato a pensare alla solitudine che avrebbe potuto sentire quest’uomo nel bel mezzo della guerra. Mi tormentava il pensiero che avrebbe fatto qualunque cosa pur di tenere anche soltanto un’ultima volta tra le braccia la sua piccola”. 

Discorrendo di amore, nelle sue varie declinazioni focalizzate su differenti soggetti umani e no, che è spesso uno dei temi cardine in ambito artistico – benché io non voglia indurti ad alcuna categorizzazione né schematismo riduttivo, ingabbiante e preconfezionato, ho una curiosità ossia dal tuo punto di vista cos’è appunto l’Amore? Chi si somiglia si piglia, persino artisticamente parlando, e successivamente non ci si perde se si hanno le medesime caratteristiche caratteriali, stile di vita, gusti o ci si sceglie e si rimane insieme sulla base di cosa? È, questa, veramente una bellissima domanda e mi dispiace di non sapere quale possa essere la risposta esatta. Le mie teorie cambiano nel tempo, con me. Ci sono momenti in cui credo che gli opposti siano fatti per stare insieme e altri in cui suppongo che sarebbe meglio somigliarsi, sotto certi aspetti, per potersi comprendere di più. In questo momento storico mi sento di dire che l’amore è un compromesso, mettere da parte il proprio ego e la propria individualità e pensare per due”. 

Infine puoi anticiparci quali sono i tuoi prossimi progetti e, magari, rivelarci qualche chicca in anteprima? Tra i miei prossimi progetti c’è sicuramente il lancio di un EP a cui ho lavorato e sto lavorando, nella mia cameretta, ormai da due anni e ciò con tanto impegno. È un progetto al quale tengo molto e non vedo l’ora di farlo ascoltare al pubblico!”.