Intervista con il cantautore uscito nei giorni scorsi con il brano “Paura di Vivere”, intervista molto interessante e profonda. Eugenio ha risposto alle nostre domande sul suo singolo, sul suo modo di fare musica e non solo.

Eugenio Ripepi – attore, regista, scrittore, cantautore, direttore artistico di origine calabrese – nelle scorse settimane è uscito con il singolo “Paura di Vivere”.
Abbiamo colto l’occasione per porre a Eugenio alcune domande.
Ecco, quindi, per i nostri lettori l’intervista.

Ciao Eugenio, parliamo di “Paura di Vivere”?
“Paura di vivere” è un brano allegro, energico e divertente, un brano punk rock che segna l’inizio di una mia nuova parentesi musicale. La ricerca di una forma musicale chiara, con le chitarre distorte, mai cupa, fa eco a un’impronta poetica nel testo, un dato che ha sempre contraddistinto la mia produzione. 

Ma tu hai paura di vivere? C’è qualcosa di autobiografico nel tuo nuovo lavoro?
Sì, anche se il brano in realtà, a dispetto del titolo, è molto divertente. Ho avuto paura di vivere a livello personale, perché spesso mi sento inadeguato al mondo, e a livello di categoria, come elemento proprio dell’anarchia degli artisti, immersi, a partire dall’ambito domestico, in un caos ordinato utile alla creazione di contenuti, e travolti in una precarietà propria della dimensione apolide di ogni individuo che si muove nel campo dell’arte ed è incidentalmente nato nel nostro Paese.

Sei definito un artista poliedrico: ti ci ritrovi in questo?
Sì, perché la mia passione per lo scrivere, oltre alle pubblicazioni che ho fatto uscire come cantautore, mi ha portato a pubblicare libri di componimenti poetici, saggi accademici, raccolte di racconti noir, e parallelamente a questa attività di scrittura da tanti anni ho un’intensa attività di palcoscenico come attore di prosa – mi sono diplomato al Teatro Stabile del Veneto – e anche come regista, e sempre come regista ho diretto diversi videoclip e cortometraggi, estendendo il discorso artistico quindi anche alla parte cinematografica, oltre che a quella teatrale. Quest’ultima parte, che riguarda il teatro, mi ha visto anche in questi anni come direttore artistico e organizzatore di eventi, anche musicali e letterari. Quindi direi che in effetti la definizione che mi viene attribuita può essere calzante. 

Le altre tue attività artistiche influiscono nel tuo fare musica?
Senza dubbio l’attività di scrittura influisce nel mio fare musica, perché come accennavo la parte del testo è fondamentale nella mia dimensione di ricerca. 

Nel presentare l’album affermi che oggi la musica è un Cavallo di Troia: ci spieghi questa tua affermazione?
Molti artisti si crogiolano in una sorta di autocompiacimento espressivo, in un ermetismo che volontariamente per sua definizione esclude l’uditorio. Eppure questi stessi artisti si lamentano di avere una voce debole, di non essere ascoltati. A mio parere si tratta di un paradosso. Io penso che si possano esprimere contenuti importanti e trovare una nicchia di riferimento, ma penso anche che un motivo allegro possa veicolarli a un pubblico più ampio. In questo caso il cavallo di troia è proprio un allegro motivo che può portare avanti contenuti anche importanti a livello civile.

Cosa significa per te andare controcorrente?
Vuol dire andare per la propria strada anche se non è una strada praticata, anche se tutti ti dicono che sei fuori dalla tendenza di mercato. Non devi adeguarti alla tendenza. Sei tu che devi creare la tendenza.

Cosa provi nel fare musica?
Un senso di liberazione e di divertimento, una sensazione ancestrale di ricongiungimento a qualcosa di cosmico, a un dono che non sento di meritare fino in fondo.

C’è qualche messaggio che ti piacerebbe trasmettere a chi ti ascolta?
Che la vita è molto breve e l’unica cosa che conta in questo viaggio è dare una mano a chi arranca perché facciamo tutti insieme lo stesso percorso.

Uscito questo tuo lavoro hai qualcosa che bolle in pentola? Musica o altro?
Bolle la preparazione del nuovo disco, che sarà preceduto da altri singoli in uscita a breve. Siamo in studio alla Ithil Word, dov’è stato masterizzato “Paura di vivere” dall’ingegnere del suono Giovanni Nebbia, a suonare con i miei fidi musicisti che hanno inciso il brano presso l’Onda Studio di Francesco Genduso, dove è stato registrato il video diretto da Aurora Sappa: Simone Mazzone e Mauro Vero alla chitarra, Lorenzo Lajolo al basso, Folkert Beukers.

Ringraziamo Eugenio Ripepi per la disponibilità e Silvia Eccher di Parole & Dintorni per la preziosa collaborazione.