Intervista con l’autore del libro “mother water blues” edito da Durango Edizioni. Lo scrittore ci parla di questo suo nuovo lavoro e dei suoi protagonisti… e di una piccola anticipazione sui suoi programmi nel 2024.
Con una narrazione moderna, riflessiva e attenta Elia Rossi, autore del libro “mother water blues” (Durango Edizioni), porta il lettore all’interno di una storia avventurosa e combattiva. Con ironia l’autore fa conoscere il mondo della boxe con i due personaggi che interfacceranno tra loro.

Ci parli del suo romanzo.
È un romanzo di avventura, in cui due gemellini nigeriani cercano di salvarsi dal vudu, prima, e dopo, in Italia si affermano nel mondo della boxe. Ma è anche un testo introspettivo, in cui un giornalista bianco e borghese si chiede se quelle vite abbiano qualcosa in comune con la sua, se le interiorità degli uomini non si assomiglino un po’ tutte.
Come è nata la figura di Joshua N. il pugile italo-nigeriano?
Ne ho incontrato uno quasi vero. Nel romanzo ho cambiato i nomi dei personaggi, ho reinventato gli antagonisti per avere mano libera nel raccontare le loro colpe. Temevo di essere ingiusto nei confronti di persone reali e così ho declinato lo spunto reale in una vicenda di fantasia. Ma all’inizio di tutto c’è una storia vera che mi è stata consegnata e che mi ha lasciato senza fiato quando l’ho sentita la prima volta.
E di Gionatan L., l’aspirante giornalista?
Gionatan L. nasce a tavolino. Serviva un personaggio che si facesse carico di un certo punto di vista ideologico, quello del bianco borghese, per guidare i lettori nel mondo altrimenti esotico del vudu africano e del pugilato sottoproletario. In un certo senso, Gionatan L. è anche il “cane di paglia” della storia: quello che si fa carico delle colpe di quel punto di vista bianco e borghese. Che poi temo sia il mio…

Perché è importante raccontare oggi, una storia come quella narrata nel suo romanzo?
Oggi sembra che abbiamo due opzioni a disposizione: o negare le differenze sociali, oppure esasperarle fino a segmentare l’umanità in tante comunità separate che vogliono sentire parlare solo di sé stesse. Io penso che sia necessario cercare ciò che ci accomuna. Anche a costo di inciampare nel rischio di “appropriazione culturale”. È bene che tutti possano raccontare di tutti, se ciò favorisce l’empatia e ammorbidisce i cuori.
Progetti per il 2024?
Sto lavorando a un nuovo romanzo. Ma sicuramente il 2024 non sarà l’anno in cui lo terminerò. Spero che possa essere l’anno in cui finalmente leggo Proust. È dalla fine dell’università che rimando all’estate successiva.
