Disponibile su tutte le piattaforme digitali e su cd dal 27 ottobre il lavoro interamente autoprodotto. Dodici tracce fortemente autobiografiche che raccontano sentimenti forti: la nostalgia, la passione, la rabbia, il rimpianto, la tristezza, la felicità assoluta, la gratitudine più profonda.

È uscito il 27 ottobre, su tutte le piattaforme digitali e su cd, “La festa che non c’era”, secondo album in studio della cantautrice e poetessa recanatese Marta De Lluvia.
Dopo “Grano” (Orange Home Records, in cinquina alle Targhe Tenco 2019 come “Miglior Opera Prima”) Marta De Lluvia torna a far sentire la sua voce con un lavoro interamente autoprodotto, cui hanno preso parte due arrangiatori e numerosi musicisti di ambiente romano.
La produzione artistica e gli arrangiamenti sono di Edoardo Petretti, con Federico Ferrandina agli arrangiamenti e alla direzione degli archi.

La scrittura de “La festa che non c’era racconta l’artista è stata finalizzata nel periodo della pandemia, che è coinciso con la mia gravidanza. Il disco che ne risulta è un ponte che parte da storie (e canzoni vecchie) per attraversare il presente e toccare il nuovo. Le dodici tracce sono fortemente autobiografiche. Tuttavia, le esperienze e gli stati d’animo vengono condivisi con la speranza di incontrare ed abbracciare quelle di altri. Nel disco ci sono sentimenti forti: la nostalgia, la passione, la rabbia, il rimpianto, la tristezza, la felicità assoluta, la gratitudine più profonda”. 
Devozione alla vita ed elogio della lentezza (“Un centimetro al mese”), percezione d’ impermanenza (si ascoltino la cardarelliana “Verrà settembre” e “Second hand”) e costante ricerca di senso abitano un lavoro che ha la vocazione dell’atto empatico e condiviso, radici introspettive e rami lunghissimi che cingono l’altro (per usare una simbologia cara all’autrice).

Ho voluto mettermi a nudo nella scrittura e nell’interpretazione – prosegue la cantautricevenendo a contatto, senza paura, con i picchi e le voragini della mia interiorità. È un disco che vuole toccare, che vuole arrivare, che vuole far sentire o ri- sentire quei sentimenti a chi lo ascolta; un disco che vuole raccontare e legittimare l’esperienza della vulnerabilità”.“Gli arrangiamenti – prosegue Marta De Lluvia – sono fondamentalmente acustici, con un tocco di elettronica e alcune chitarre elettriche. Abbiamo privilegiato ritmiche ricercate e tuttavia sempre al servizio della canzone, della parola, del messaggio”. 
Accenti spostati e controtempi, tarli e velluti esistenziali per un lavoro dalla forte grana poetica, che sublima scene e sequenze di vita vissuta in un teatro interiore, guidato dalla sacralità della gestualità quotidiana.
Marta De Lluvia sembra dirci, con Christian Bobin, che abitare poeticamente il mondo o abitare umanamente il mondo, in fondo, è la stessa cosa.

Lo fa con un “quasi concept” sul tema dell’appartenenza, con tutto il corredo di ineliminabili ambivalenze: se la title- track ha accenti nostalgici, “Bastava la città” è autentico manifesto della dialettica vitale tra radicamento e sradicamento (Bastava la città a riempire il giorno/ farsi stranieri in un’altra vita/camminare dentro una poesia di sete infinita. Bastava la città per il giorno/Facile perdersi/ E confondersi/Comparse della memoria); “Malerba” legittima l’accidente, la contingenza, la caduta (Poco importa se è di nessuno e perciò non importa se selvatica ruba la terra allungando radici/ché domestico non è mai chi non appartiene/chi di caro ha soltanto, soltanto la vita); “Domestica duna” si fa- pur nel viluppo ossimorico- anelito di pacificazione.
A chiusura del lavoro “Miele”, solo chitarra e voce, tratteggia quasi una miniatura d’infinito, un sentimento nella cui miracolosa compiutezza tutto si tiene.

Marta De Lluvia è una cantautrice e poetessa recanatese. Ha vissuto in Germania e in Belgio e ha intrapreso diversi viaggi in Russia. Sin da giovanissima inizia a comporre poesie e canzoni; studia canto e chitarra classica. Parallelamente alla musica, coltiva l’interesse per la poesia e per le lingue straniere. Dalla musica classica, dopo aver studiato jazz, arriva alla musica d’autore. Nel 2013 ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie, “In sé maggiore”. Nel 2017 si è aggiudicata il Premio Miglior Testo alla XIII edizione del Premio Bianca D’Aponte (Città di Aversa). Il suo esordio discografico, “Grano” è uscito nel 2019 su etichetta Orange home Records ed è stato finalista alla Targa Tenco nella sezione Miglior Opera Prima. Al lavoro hanno collaborato- tra gli altri- Giua, Armando Corsi e Stefano Cabrera degli Gnu Quartet. Nel 2020 è stata finalista al concorso L’Artista che non c’era. Nel 2021 è arrivata terza al Premio Gianmaria Testa (Festival Moncalieri).
TRACKLIST
Domestica duna
La festa che non c’era
Mare
Verrà settembre
Cercasi miracoli
Un centimetro al mese
In amore
Malerba
Bastava la città
C’è di più
Second hand
Miele
CREDITI
Marta De Lluvia: voce e chitarra classica
Francesco de Rubeis: batteria e percussioni
Marco Zenini: contrabbasso e basso elettrico
Federico Ferrandina: chitarra classica
Paolo Ceccarelli: chitarre acustiche ed elettriche
Edoardo Petretti: pianoforte, tastiere, fisarmonica e programming
Angelo Maria Santisi: violoncello
Francesco Fratini: tromba
Produzione artistica e arrangiamenti: Edoardo Petretti
Direzione e arrangiamento archi: Federico Ferrandina
Registrato e missato da Gianluca Siscaro presso il Village recording studio di Roma.
Masterizzato da Federico Pelle presso il Basement Studio di Vicenza. 

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