Intervista con l’autore del romanzo “Il fiorino nero di Dante” edito da Extempora Edizioni che ci ha parlato, rispondendo alle nostre domande, del suo libro, di scrittura e di se stesso.
“Il fiorino nero di Dante” di Marco Del Pasqua è un romanzo avvincente e ricco di mistero edito da Extempora Edizioni. L’autore intreccia abilmente le storie di due protagonisti separati nel tempo, ma uniti da un filo sottile di destino intrecciato nei meandri della storia. Cattura l’immaginazione fin dalle prime pagine e trascina il lettore attraverso le epoche, mescolando il fascino del passato con la vita contemporanea.
Marco Del Pasqua ha risposto alle nostre domande.
Dov’è nata la tua passione per la scrittura?
Il primo approccio alla scrittura risale alla gioventù quando cominciai a scrivere poesie, rendendomi ben presto conto che non facevano per me. Iniziai a scrivere racconti e il primo che presentai a un premio letterario, nel lontano 1982, ricevette un riconoscimento che m’incoraggiò nel proseguire. Successivamente ho scritto romanzi che però restavano chiusi nel cassetto finché non ho deciso di iniziare a pubblicarli perché ho ritenuto che scrivere soltanto per me, alla fine, avesse poco senso.
Hai un sottofondo preferito che utilizzi mentre scrivi?
Sì, la musica pop e rock degli anni 70 e 80 ma mi piacciono anche alcune canzoni di oggi. Ascolto volentieri anche la musica classica ma quella meglio ascoltarla in separata sede perché richiede maggiore concentrazione e rischia di distrarmi dallo scrivere.

Ci racconti qualcosa del tuo romanzo?
Il fiorino nero di Dante è nato quasi per caso. Avevo già scritto in precedenza alcuni romanzi di genere psicologico: Inspiegabili illusioni; Sotto le stelle di Cuba e Ana Paula e gli spiriti, ma mi sono reso conto presto che, al di fuori degli addetti ai lavori, i temi non sempre venivano percepiti chiaramente dai lettori. Nel 2006 sono iniziati i lavori di restauro della chiesa romanica di Santa Maria in Ferrata a Rapolano Terme (SI), che si trova vicina al castello di Poggio Santa Cecilia dove sono nato. Non conoscevo la storia del mio borgo natale e ho iniziato a documentarmi finché un bel giorno mi sono imbattuto nel saggio del celebre dantista Giorgio Petrocchi, “La vita di Dante”, in cui ipotizzava la partecipazione di Dante Alighieri all’assedio del castello tra il 1285 e il 1286 sulla scorta di un brano tratto dalla “Vita Nova”. La mia curiosità è salita alle stelle e, siccome l’assedio delle truppe fiorentine comandate dal terribile Guido di Monforte è ben documentato negli archivi di stato senesi e aretini, ho deciso di scrivere il romanzo. All’inizio non è stato affatto facile perché non avevo mai scritto prima un romanzo storico e quindi ho iniziato in uno stato d’incertezza e poi la storia non era neppure facile da narrare perché l’assedio iniziò a fine ottobre del 1285 e terminò malamente nell’aprile del 1286 ma, in quei mesi terribili, avvennero poche vicende di rilievo e bisognava riempire la trama. Scrivere un romanzo storico si è rivelato molto più facile di quanto pensassi perché i sentimenti e le emozioni umane non sono cambiati nel corso del tempo: l’amore è l’amore; l’odio è l’odio e l’amicizia è l’amicizia, tutto resta inalterato. Si tratterebbe di un episodio minore della vita di Dante ma, alla fine, neppure tanto perché sarebbe stata la sua prima missione militare da stipendiario della Repubblica di Firenze. Nello scrivere il romanzo mi è subito tornato alla memoria il VII canto dell’Inferno dantesco, quello dove sono puniti gli iracondi e gli accidiosi, perché lo scenario descritto dal Poeta lo trovavo straordinariamente somigliante a quello di Poggio S. Cecilia e Rapolano Terme. La mia sarà soltanto suggestione però…chissà?
Quanto di te metti nelle tue opere?
Direi tutto. I libri sono il frutto della nostra fantasia e in ogni personaggio c’è sempre una parte di noi. Le emozioni dei personaggi sono quelle che proviamo noi autori nel descriverle.
Hai altre passioni oltre la scrittura?
Sono iscritto al secondo anno di lettere moderne perché lo studio è una delle grandi passioni della mia vita poi mi piace curare il giardino, frequentare la palestra e viaggiare anche se, con l’inizio della pandemia, ho viaggiato in maniera molto ridotta.
Qual è il genere che preferisci scrivere?
Il romanzo storico, sicuramente.

C’è qualcosa che ti aiuta quando ti blocchi con la scrittura?
Sì, semplicemente rileggo quello che ho scritto in precedenza e riprendo così il filo della narrazione.
Hai un nuovo libro in progetto?
Certamente. Il romanzo cui sto lavorando attualmente parlerà dell’insurrezione aretina del 1799 contro l’invasione napoleonica della Toscana. Si tratta di una storia poco nota, volutamente messa nel dimenticatoio in epoca risorgimentale, che però sorprenderà per lo spessore dei personaggi e la trama avvincente con personaggi noti, meno noti e soprattutto sconosciuti che, sono sicuro, stupiranno i lettori per il loro incredibile valore.
Ricordi qual è il primo libro che hai letto?
Sì, “Cuore” di Edmondo de Amicis. Non ricordo se in terza o in quarta elementare. Me lo dette in prestito la maestra e io lo lessi in un pomeriggio. Il mattino seguente glielo restituii e lei mi rimproverò perché non credeva che lo avessi già letto. Poi mi fece alcune domande e ne restò meravigliata.
Ed infine, qual è il tuo libro preferito?
Questa è una bella domanda, ce ne sono molti. Potrei citare: “I miserabili” di Victor Hugo; “Le memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenar; “Il nome della rosa” di Umberto Eco ma sono soltanto i primi che mi vengono in mente perché la lista sarebbe lunga.
Ringraziamo Marco Del Pasqua per la disponibilità e Sara Bontempi per la collaborazione
