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La nostra redattrice ci parla del movimento K-Pop che cresce anche in Italia, ma resta fuori dalle classifiche ufficiali. E ci presenta una riflessione tra abitudini dei fan, iniziative istituzionali e opportunità mancate. Ottiche Parallele che da alcuni anni si occupa di questo mondo (e che qualcuno chiama “fenomeno”) si sente di condividere nella sua interezza.

La dura verità dietro l’assenza del K-Pop nelle classifiche italiane
Parliamoci chiaro: il K-Pop in Italia ha una fanbase appassionata, rumorosa, organizzata. Eppure, quando si guarda la classifica FIMI dei primi sei mesi dell’anno (Classifiche – FIMI https://share.google/5Xa1RDWxhyk570DUk), di K-Pop neanche l’ombra. Dove sono finiti i milioni di fan italiani di BTS, BLACKPINK, Stray Kids e Ateez?
La risposta è semplice quanto provocatoria: il problema è (anche) dei fan stessi.

I fan italiani preferiscono comprare all’estero
Chi conosce l’ambiente sa già dove si va a parare. I fan italiani non comprano album in Italia. O meglio, lo fanno raramente.
Preferiscono acquistarli dall’estero, partecipando a group order (GO) organizzati su Telegram, Instagram o altri canali. Perché gli album K-Pop non sono solo musica: sono oggetti da collezione e spesso una vera e propria caccia al tesoro. Ogni uscita discografica viene rilasciata in più versioni, ognuna con copertine diverse, grafiche personalizzate e – soprattutto – contenuti esclusivi legati ai membri del gruppo.
E chi colleziona sa bene che un preorder coreano, giapponese o americano garantisce versioni esclusive, photocard rare, edizioni limitate.
Questa strategia editoriale non solo stimola il collezionismo, ma spinge molti fan ad acquistare più copie dello stesso album pur di ottenere la “PC” del proprio bias (cioè il membro preferito).
Non è raro, infatti, che le photocard più rare vengano poi scambiate o vendute online come veri pezzi da collezione.
In alcuni casi, l’acquisto dell’album dà anche accesso a un concorso esclusivo: tra tutti gli acquirenti verranno estratti pochi fortunati che potranno partecipare a una video call privata con l’idol, anche solo per pochi minuti. O un evento esclusivo. Esperienze irripetibili che rendono ogni acquisto un piccolo investimento di speranza ed emozione.
Comprare un album in Italia? Troppo costoso e poco appetibile.

Ma così facendo… il K-Pop non conta nulla per il mercato italiano
Sì, avete capito bene. Tutti questi acquisti dall’estero non vengono conteggiati nelle classifiche italiane. La FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana) considera solo le vendite fatte sul territorio nazionale.
Quindi, anche se un fan italiano compra dieci copie di un album su KTown4U, MWave o YesAsia… in Italia non cambia nulla.
Il risultato? Gli artisti K-Pop non risultano tra i più venduti.
Non basta lo streaming.  Non incisivi gli acquisti digitali.
Non bisogna dimenticare che nel 2024 l’Italia si conferma da 12 anni nella Top ten dei più importanti mercati globali, al quinto posto nell’Unione Europea ( Report FIMI 2025).
E se non ci sono numeri ufficiali, non c’è interesse da parte dei promoter, degli sponsor, delle etichette.
Così Milano o Roma restano fuori dal giro dei grandi tour, e festival, mentre Parigi, Londra, Berlino e Madrid si godono eventi sold-out da decine di migliaia di persone.

Qualcosa si muove: primi grandi eventi… ma solo a Milano (e ora Roma)
Non tutto però è perduto. Negli ultimi tempi si iniziano a vedere i primi grandi eventi K-Pop anche in Italia. Le BLACKPINK saranno il secondo grande gruppo a fare tappa a Milano agli I-DAYS, e gli Stray Kids si esibiranno a Roma per il BIS allo Stadio Olimpico a testimonianza di un potenziale di pubblico reale e consistente.
Il resto degli eventi però, diciamolo, è ancora confinato. Si tengono prevalentemente a Milano, dentro locali o palazzetti. Nessuna vera distribuzione su scala nazionale. E la situazione non cambierà se i numeri ufficiali restano bassi.

Le istituzioni? Assenti. E Roma perde terreno
Tuttavia, mentre Milano si sta dimostrando sempre più aperta e pronta a investire nella scena K-Pop, Roma resta indietro. Contattare le istituzioni culturali della Capitale – come il Dipartimento Grandi Eventi o Cultura del Comune – si è rivelato difficile: non esistono ancora interlocutori attenti o progetti strutturati per accogliere questo tipo di proposte. Un’opportunità mancata, soprattutto in vista del ritorno dei BTS con un nuovo world tour che potrebbe avere un impatto economico e turistico significativo.
Affinché il K-Pop trovi finalmente lo spazio che merita in Italia, sarà fondamentale un cambio di prospettiva: da parte del pubblico, che può sostenere il mercato nazionale, e da parte delle istituzioni, che dovrebbero cogliere il valore culturale ed economico di un fenomeno ormai globale.
Chi ama davvero il K-Pop dovrebbe volerlo vedere riconosciuto anche in Italia.
Non solo collezionismo, ma anche supporto strategico e consapevole.
Comprare almeno una copia in Italia, supportare i pochi store fisici o digitali che importano legalmente gli album, e spingere affinché i numeri crescano nelle classifiche ufficiali.
Fare richieste alle radio.
Battersi per le giuste cause e non fare solo polemiche social alla prima pronuncia sbagliata.
Perché non è una questione di gusti!
Il K-Pop in Italia potrebbe esplodere domani se i dati dicessero che c’è richiesta, pubblico, vendite.
Ma finché le classifiche diranno altro, nessun promoter investirà milioni per portare altre band coreane in Italia.