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Fino al 14 settembre 2025 l’esposizione a cura di Francesco Zanot è ospitata nella Loggia degli Abati. Tra produzioni recenti e lavori inediti, è un’occasione per riflettere sul ruolo della fotografia oggi. Oltre cento opere realizzate negli ultimi sette anni di attività.
È in corso a Palazzo Ducale di Genova “Jacopo Benassi Libero!”, la grande personale dedicata alla produzione più recente dell’artista fotografo, che raccoglie oltre cento opere realizzate negli ultimi sette anni di attività.
La mostra – curata da Francesco Zanot e allestita negli spazi della Loggia degli Abati fino al 14 settembre – fa il punto sulla ricerca più recente di Benassi, dal 2018 a oggi, concentrandosi sui passaggi fondamentali che lo hanno condotto allo sviluppo di un linguaggio personale, complesso e riconoscibile in cui si fondono fotografia, scultura, pittura, musica e performance. Al centro del progetto espositivo il lavoro di decostruzione del corpo della fotografia e della visione fotografica.



Attraverso una grande installazione che collega e intreccia tra loro oltre cento opere, tra le più celebri dell’artista e produzioni inedite, l’esposizione si interroga sul ruolo della fotografia oggi e sulla sua capacità di resistere e confrontarsi con il contemporaneo. Per Jacopo Benassi la fotografia non è infatti soltanto uno strumento di rappresentazione, ma principalmente di azione e trasformazione, e l’immagine un dispositivo aperto.
Nel presentare i soggetti più caratteristici e ricorrenti del lavoro di Benassi, dai ritratti ai luoghi della musica underground, dai più banali oggetti del quotidiano ai frammenti della natura, la mostra riflette sul rapporto tra immagine, supporto e contesto, mettendo in discussione la priorità della prima rispetto a tutto il resto. È una questione di gerarchie (che vengono fatte a pezzi), contaminazione (utilizzata come strategia di emancipazione e conoscenza) e libertà. Nell’epoca in cui la fotografia raggiunge il massimo della sua diffusione e viene contemporaneamente minacciata da sistemi generativi di immagini fotorealistiche, Benassi risponde a questa contraddizione.




Sette anni di grande sperimentazione in oltre cento opere
La mostra Jacopo Benassi Libero! ripercorre gli ultimi sette anni di ricerca dell’artista fotografo, in un percorso di oltre cento opere che ne svelano l’intenso ed esteso lavoro compiuto con la fotografia e, soprattutto, sulla fotografia.
Jacopo Benassi dal 2018 inizia a combinare fotografie indipendenti e distinte tra loro all’interno di cornici doppie, triple e multiple che realizza personalmente utilizzando materiali di recupero. È il rifiuto della singola immagine come icona e della fotografia come pura immagine (immateriale).
Qui non si può parlare di dittici, trittici o polittici, perché non si tratta di fotografie pensate per stare insieme, ma semmai di scontri, incontri, incidenti, più o meno violenti e deflagranti. Che i risultati appaiano sotto forma di combinazioni del tutto sensate o puri deliri semantici, sono sempre il frutto di azioni di disturbo: nei confronti di ogni specifica fotografia e di chi vorrebbe trovare al suo interno qualsiasi genere di conferma. Trionfo di corpi nudi e imperfetti, il lavoro di Benassi mette a nudo la fotografia stessa, svelandone l’impotenza.



Un’altra strategia di accumulazione è rappresentata dalla fotografia di una statua di cera di Hitler realizzata al Madame Tussaud di Londra appoggiata su un carrello e nascosta dietro una tale quantità di lastre di vetro da trasformare in un diaframma opaco lo stesso materiale che si utilizza per costruire lenti trasparenti. In un’altra opera Benassi sospende con una imbragatura a una gru da magazzino venti ritratti, tutti rivolti verso l’interno, in modo che non si veda alcuna immagine, ma solo il legno delle cornici e quello del telaio sul retro.
Nell’intenzione dell’artista di trasformare la fotografia in un oggetto fisico, si collocano le stratificazioni, una serie di opere che realizza dal 2022 sovrapponendo fotografie e dipinti, tenuti insieme da un sistema di cinghie e tensionatori. Qui il tema della molteplicità si somma a quello della cancellazione: dalla ipervisibilità di un mondo che Benassi ha sempre rischiarato con la luce di un flash si passa alla sua negazione. Eppure, non c’è contraddizione, perché Benassi ha sempre trattato la fotografia come gesto, evento, espressione di una volontà, prova di esistenza, al di là dell’immagine, spostando l’attenzione da ciò che si vede a tutto quello che sta intorno, sia dal lato dell’autore, sia dell’osservatore.




Le stratificazioni costituiscono il fulcro del percorso di mostra, evidenziando la necessità di Benassi di contaminare il proprio linguaggio con quello della scultura e dell’installazione, al punto di fare della stessa impurità (nel duplice senso di ibridazione e oscenità) uno dei soggetti principali. Fotografie allucinate si sovrappongono a quadri pseudo-romantici (a metà tra Turner e un film di Terrence Malick), calchi in gesso, brandelli di muro, pezzi di vetro e molto altro ancora.
Tra le opere inedite presentate in mostra, l’installazione fotografica Villa Croce che chiude il percorso è stata prodotta in occasione della residenza di Jacopo Benassi a Palazzo Ducale durante il mese di giugno. Dopo aver trasferito il suo studio da La Spezia al Museo, il fotografo ha lavorato a un progetto originale frutto di un processo di ricerca che ha attraversato la città e che ad essa si è ispirato. Al termine della mostra, l’opera sarà trasferita al Museo di Arte Contemporanea Villa Croce dove entrerà a far parte della collezione permanente.
Il progetto di residenza, concepito e organizzato da BLU – Breeding and Learning Unit di Genova, e curato da Laura Lecce, è stato sostenuto da Strategia Fotografia 2024, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.




L’allestimento: tra realtà e finzione
Le opere di Benassi sono espansive, centrifughe, sfuggono in ogni direzione. Le cinghie che stringono insieme i diversi frammenti prendono il posto delle cornici, che a loro volta sono diventate parte delle opere, ma senza la stessa geometrica nitidezza.
Diventate sculture, le fotografie di Benassi non appaiono semplicemente non-finite, ma precarie. É lo stesso attributo che si potrebbe utilizzare per descrivere la condizione della fotografia oggi, paurosamente in bilico tra realtà e finzione. Così anche l’allestimento di questa mostra rimanda a un passaggio intermedio: quello in cui le opere sono poggiate a terra prima di essere appese a parete e acquisire di conseguenza uno status di superiorità. È il passaggio prima della contemplazione, quando ogni elemento si trova ancora sullo stesso piano.
Jacopo Benassi (La Spezia, 1970) è un artista e fotografo italiano. Attivo fin dagli anni Ottanta, ha iniziato la sua ricerca in ambienti legati alla musica underground, sviluppando nel tempo un linguaggio visivo personale e diretto, basato sull’uso del flash e su un’estetica cruda e istintiva. Il suo lavoro spazia tra fotografia, performance, pittura e installazione, mantenendo sempre un approccio intimo e materico. Ha partecipato a numerose mostre in musei italiani e internazionali come la GAM di Torino, il Museo delle Franciscaines a Deauville e il Centro Pecci di Prato. Ha pubblicato numerosi libri e fanzine. Vive e lavora a La Spezia.
Jacopo Benassi Libero!
A cura di Francesco Zanot
fino al 14 settembre 2025
Palazzo Ducale, Loggia degli Abati
Orari
Mart-Dom: 11-13; 14-19 – lunedì chiuso
Biglietti
Fino al 31 luglio: intero 5 euro; ridotto 3 euro comprensivo dell’ingresso ai Saloni
Dall’1 agosto al 14 settembre: intero 8 euro; ridotto 6 euro comprensivo dell’ingresso ai Saloni e alla Cappella





























