Nuovo appuntamento con la Torino magica e misteriosa; andiamo alla scoperta della storia di una casa che c’è ancora ma non vi abita più il boia.

foto Giusy Virgilio

È diventata una delle mete fisse dell’itinerario della Torino nera: la famigerata “casa del boia“, situata in via Bonelli 2,  una via cortissima tra via delle Orfane e via Bellezia, anche se da vedere c’è solo un portone e un numero civico, non un luogo visitabile come un palazzo o una chiesa.
Via Bonelli, inoltre, pur facendo parte del famosissimo quadrilatero romano è l’unica via che non rispetta la pianta a scacchiera di Torino.
La via si chiamava prima Contrada Pusterla e poi via Fornelletti, ma al numero 2, per tradizione secolare, viveva l’incappucciato per eccellenza, un impiegato comunale che per non tirare la cinghia aveva scelto di tirare la corda, quella del patibolo. Praticamente i boia cittadini hanno sempre abitato lì.
Il portone c’è ancora, i boia non più.
Oggi al civico 2 di via Bonelli si trovano civili abitazioni (ma chi vi risiede saprà che li ci abitava il boia?).
L’ultimo, Pietro Pantoni (alcuni boia portavano questo cognome, il padre Antonio lo era per lo Stato Pontificio e il fratello Giuseppe a Parma mentre un Nicodemo Pantoni era boia nel settecento al servizio dei francesi), pare fosse un misantropo, tutto casa e lavoro. Chiuso nel suo appartamento, non usciva praticamente mai, una situazione più dettata dai fatti che non da un’autentica vocazione alla solitudine. Non era, infatti, il mestiere ideale per intrattenere pubbliche relazioni. Unico amico il “Caranca”, il becchino di Rivarolo.

foto Giusy Virgilio

Chi passava davanti alla sua casa sputava sulla porta e si girava dall’altra parte. Gioie e dolori di un mestiere come un altro. Il Pantoni comunque riuscì persino a sposarsi. Il suo matrimonio venne celebrato nel 1846. A officiare, e non poteva essere altrimenti, fu Giuseppe Cafasso, il santo degli impiccati, il “previ d’la furca“.
Una delle leggende narra che la moglie avesse tanta vergogna da non uscire mai di casa: si dice che passasse tutto il tempo a pulire la casa… sicuramente era la casa più pulita di Torino.
Tra i lati positivi senza dubbio lo stipendio: alcuni lamentavano che i boia fossero super pagati per le esecuzioni, usufruendo di premi e stipendi esagerati. I boia venivano pagati in base a tabelle. Nel 1575 un’impiccagione veniva pagata 21 lire, uno squartamento 36 lire mentre dare fuoco a una persona accusata di stregoneria 16 lire.
Il boia tornava a casa di sera solo, percorrendo le strade silenziose a ridosso dei muri, quasi non volesse farsi notare, e così raggiungeva la sua casa, un’abitazione raramente toccata dal sole.

via bonelli

Di natura simbolico-religiosa era anche il modo in cui veniva consegnato il pane al boia:  il fornaio porgeva al boia o a sua moglie una pagnotta rovesciata, talvolta senza incartargliela e sopra alla pagnotta veniva tracciata, prima della cottura, una croce, da questa usanza nacque, secondo alcuni, il detto “il pane del boia”.
E la più famosa di tutte le leggende riguarda la nascita del pancarrè. Nel Medio Evo il boia aveva difficoltà a comprare il pane, perché i panettieri pensavano portasse sfortuna servirlo. Intervenne il duca Amedeo VIII di Savoia ordinando ai panettieri di servire anche il boia perché “o lo accettate come cliente o diventerete suoi clienti!”.  Obbligati a vendergli il pane, i panettieri si ‘vendicarono’ servendoglielo, in segno di disprezzo, al contrario.
Un nuovo intervento delle autorità vietò anche questo comportamento e allora i panettieri s’inventarono il pane a forma di mattone, uguale da entrambi i lati, il pancarrè. Altro segno di disprezzo era l’uso di una scodella per ricevere il denaro del boia, in modo da sciacquarlo con aceto prima di usarlo.

C’era tutta una procedura, pur di non avere contatti con lui, per evitare di toccare la carta che autorizzava il suo pagamento: il responsabile della Corte Criminale firmava l’autorizzazione con i guanti e la buttava a terra, qui un addetto la raccoglieva con le pinze usate per i camini e la gettava dalla finestra, sotto la quale il boia aspettava.
Disprezzati ed evitati i boia, per tradizione, avevano un banco riservato e lontano dagli altri, nella vicina chiesa di Sant’Agostino, chiesa nella quale veniva seppelliti sotto il campanile.
Visto che la casa del boia non è visitabile vi abbiamo raccontato la sua storia ed eccovi alcune curiosità.
Nel 1831 il Pantoni era il “tirapiedi” del fratello a Parma; in quell’anno vi fu una rivolta per spodestare il Duca di Modena Francesco IV d’Asburgo –Este. Il 26 maggio 1831 ci fu l’esecuzione, la prima effettuata da colui che poi divenne il boia di Torino e il condannato si chiamava Ciro Menotti.
Pietro Pantoni fu il boia di 150 esecuzioni, era stipendiato con 2.400 lire all’anno, più 3 lire per ogni esecuzione in Torino e 22 franchi per quelle fuori sede.
L’ultima esecuzione di Pietro Pantoni risale al 13 aprile 1864.