Al numero civico 45 una misteriosa mano sbuca sopra un portone carraio porgendo a un ipotetico passante un foglietto. La storia e le supposizioni.

Torino: cosa ci fa una mano che sporge sopra a un portone e sotto a una finestra colonnata?
Non è una mano vera ma, comunque, a guardarla fa impressione e incute anche qualche timore.
Siamo in corso Matteotti, non distante dalla stazione di Porta Susa, quella nuova, al civico 45, tra via Donati e corso Vinzaglio.
Chissà quante volte passando davanti a quel portone carraio – e sotto a quel palazzo – dettati dalla fretta frenetica quotidiana non si è mai alzati gli occhi e scoprire, curiosi, quella “mano misteriosa”.
Anch’io non l’avevo mai notata fino a quando non sono incappato in un articolo che mi ha fatto scoccare la scintilla e sono andato a cercarla.
Il palazzo, in stile veneziano, si distingue dagli altri e la “mano misteriosa” fuoriesce dal muro nell’atto di porgere al passante una lettera o un biglietto. 

Potrebbe trattarsi della mano di Ebe di Marivaux, cortigiana francese che in quella casa (o in una limitrofa) ci visse in un’epoca non ben precisata.
Cosa ci racconta la leggenda? Una storia di amore e intrighi.
Ebe era una donna bellissima e affascinante che attirava intorno a se numerosi corteggiatori ai quali chiedeva denaro senza mai restituirlo; uno in particolare si chiamava Bilinsky.
Costui era un ricco finanziere russo conosciuto a casa di un mago torinese durante una serata di magia; l’uomo sovvenzionò lautamente Ebe, donna dalle mani e dalle tasche bucate, fino a quando non successe che l’uomo d’affari perse tutti i suoi soldi.
Trattandosi di un amore fittizio basato esclusivamente sul denaro quando quest’ultimo venne a meno anche l’amore svanì.
Ebe si fece altre storie ma Bilinsky follemente innamorato di Ebe andò su tutte le furie al punto che una sera attese sotto casa della donna l’arrivo di questa con un altro uomo e quando questi scesero dalla carrozza l’attaccò maldestramente con un coltello, ma il colpo andò a vuoto e la lama si conficcò in un albero che venne chiamato “l’albero di Ebe” (non credo che quell’albero esista ancora).

Di tutta questa storia il finale è totalmente sconosciuto ma ci rimane quella mano che sporge da sopra il portone con quella lettera che da adito a varie interpretazioni.
 Chi ci vede una richiesta di aiuto rivolta ai passanti da parte di Ebe intimorita dalla violenza dell’uomo russo oppure chi la interpreta come una lettera per congedarsi da un amato respinto.
Altri ancora propendono sul fatto che è posta su quella facciata da qualche estimatore a perenne ricordo del fascino e della bellezza di questa cortigiana.
Circola anche una versione decisamente meno romantica che non ha a che vedere con le vicende di Ebe: per alcuni si tratterebbe di un’insegna segreta di una casa chiusa che era ospitata nel palazzo.
Nessuna di queste ipotesi, però,  ha ancora avuto un riscontro e forse non si saprà mai la verità; rimane sconosciuto  anche chi ha posizionato quella mano su quel palazzo visto che l’origine del palazzo stesso è di inizio Novecento.
Unica certezza è che ancora una volta Torino sia una città capace di accogliere tra le sue vie un mistero, senza spiegazioni.