Nella Valle Erro, in provincia di Alessandria sorgeva un castello di cui oggi rimangono solo dei ruderi che fu sede di riti pagani. La leggenda della Tinassa.

Leggenda e realtà coabitano in Valle Erro, percorrendo la strada che da Acqui Terme ci porta ad Albisola o a Varazze, in provincia di Savona, il conosciutissimo “Sassello”, dove lo splendido paesaggio ci ammalia.
Tra i paesi che incontriamo c’è Melazzo e, in particolare, la frazione Arzello.
Tra la Valle Erro e la Valle Bormida, in questo territorio, in un ideale triangolo che vede ai vertici i comuni di Melazzo, Castelletto d’Erro e Bistagno, si erge, o meglio dire si ergeva, sulla sponda sinistra del torrente Erro, il Castello di Moncrescente detto anche della Tinassa.
Dal poggio, raggiungibile percorrendo un tortuoso sentiero si può ammirare un fantastico panorama e le rovine del Castello risalente al secolo XI.
Un castello a pianta ottagonale dalla forma simile a un recipiente per il vino, la tinassa (in termini dialettali), la tinozza in italiano.
E qui nasce la leggenda della “Tinassa”.
Ve la vogliamo raccontare prendendo in prestito quanto scritto sul sito della Pro Loco di Arzello.

LA LEGGENDA DELLA TINASSA
Tanto tanto tempo fa gli uomini con uno sforzo immenso riuscirono a costruire un enorme tino, un’opera grandiosa ideata per contenere una straordinaria quantità di vino. Quest’opera, però, suscitò una grande rabbia da parte del Diavolo, che adirato dall’imponenza del grande tino ed invidioso, come sempre degli uomini, decise di distruggerlo, così lo capovolse, rendendolo inutilizzabile per la raccolta dei grappoli d’uva e la successiva vinificazione. Gli uomini delle nostre terre tuttavia continuarono, come ben sappiamo, a produrre il loro vino altrove divenendo famosi per la loro maestria ed anche la “Tinosa” o “Tinassa” continuò ad essere utilizzata: infatti, capovolta e privata del suo fondo forniva un ’ ottima protezione e divenne un imponente castello, conosciuto dai dotti come Moncrescente, ma ancora popolarmente noto come “Tinosa” in ricordo della sua primitiva funzione di grosso tino. Il diavolo, comunque, non rinunciò a ‘metterci la coda’: infatti, quando il castello perse le sue funzioni militari e fu ridotto a rovina, tra le sue antiche mura tornarono a riunirsi le adepte del diavolo, le streghe” che, si dice, ancora oggi si riuniscono qui in certe sere per compiere i loro riti.
Si dice, leggenda moderna o verità, che ancora oggi, di notte, nell’area del castello si svolgono riunioni per la celebrazione di riti pagani.

Qualcuno afferma di aver visto, recandosi di notte e di nascosto nei pressi del castello, persone disposte in cerchio che davano fuoco a un fantoccio di paglia: quello che si può definire un rito pagano in piena regola che possono trovare ispirazione nei riti celitici di purificazione (Beltene).
Non ci è dato sapere se oggi questi riti vengono ancora svolti o meno, però nulla toglie che il Castello di Moncrescente rappresenti un luogo magico.
 In aggiunta, nelle vicinanze, c’è una casa padronale abbandonata dell’aspetto decisamente tenebroso e insieme al castello diroccato (visitabile a rischio e pericolo dei visitatori) dove sterpaglie e vegetazione incolta la fanno da padrona… rende il tutto molto misterioso.
Concludendo torniamo al sito della Pro Loco di Arzello per raccontarvi la storia del…

CASTELLO di MONCRESCENTE (Tinassa)
Antico castello dell’XI secolo, ormai in rovina, dalla pianta ottagonale seminascosto dalla vegetazione, dalla forma simile ad un recipiente per il vino, che gli ha valso il nome dialettale di “tinassa, cioè “tinozza”. Avvicinandosi a Moncrescente è inevitabile notare le sue imponenti torri che si stagliano contro il cielo, le arcate e le alte mura che fanno pensare alla maestosità che doveva possedere un tempo la costruzione, sita in un luogo strategico, dominante il bacino dell’Erro e della Bormida. La prima caratteristica interessante di questo edificio è certamente la pianta ottagonale, tipica delle costruzioni appartenenti ai Cavalieri Templari, il noto ordine di monaci guerrieri che aveva documentati possedimenti nei dintorni, come la mansione di Acqui Terme e di Ponzone. La costruzione del recinto di Moncrescente, sulla base dell’evidenza architettonica e delle più precoci attestazioni documentarie, risalirebbe alla prima metà del XIV secolo ma il sito venne già occupato in precedenza da una fortificazione, testimoniata dalla base in pietra di una torre quadrata databile al XII-XIII secolo.

La destinazione di Moncrescente era prevalentemente militare: essa doveva ospitare un discreto contingente di armati, ma fu utilizzata per un breve periodo di tempo, risultando già in disuso alla metà del Cinquecento. Il precoce abbandono e la posizione isolata hanno permesso la conservazione della fortezza nelle sue fasi originali trecentesche, non alterate da modificazioni successive: sono ancora visibili vari dispositivi legati alle esigenze difensive del castello (feritoie e sistemi di chiusura dell’ingresso), ma anche alcuni elementi legati alla vita quotidiana di chi soggiornò in questo luogo (cisterne per l’acqua e ben cinque latrine).
L’edificio, oggi in stato di abbandono.
Esiste anche un’antica tradizione orale secondo la quale il castello era collegato a quello di Melazzo da un passaggio sotterraneo, costruito per difesa e strategia militare. Di tale passaggio sembra esistono ancora alcune tracce sia presso la fortezza del Moncrescente sia nei sotterranei del castello di Melazzo.