Infelice espressione nei confronti del genere musicale che sta travolgendo il mondo della musica contemporanea. Indignati i fan che chiedono a gran voce rispetto. Un invito alla riflessione è a questo punto d’obbligo.

Il K-pop è uno dei disastri che non avevamo previsto oltre alla mancanza dell’acqua e alla crescita della benzina…
Così lo speaker Luca Viscardi, durante il programma radiofonico di Martino Migli per RDS, si è espresso nei confronti del genere musicale che sta travolgendo il mondo della musica internazionale.
Questa battuta ‘sagace’, a detta della loro ospite, non è però passata inosservata ai migliaia di fan italiani che indignati hanno inondato ogni canale social della radio chiedendo a gran voce rispetto.
Rispetto in primis per la musica in generale, che non dovrebbe avere confini, colori e ovviamente abbraccia i gusti più disparati.
L’uso di questi paragoni irrispettosi hanno da prima incendiato il fandom dei BTS chiamati direttamente in causa.
Gli Army sono da sempre noti per essere molto protettivi nei confronti dei loro beniamini e tra loro e spesso sono intervenuti monopolizzando social e condizionando il mercato.
La polemica ha poi però travolto tutti gli amanti del genere che non hanno mancato di sottolineare come questa esternazione superficiale sia il risultato di un atteggiamento pregiudizievole e ignorante della materia.
Il K-pop è un genere di musica che dai confini della Corea del Sud, Paese dove è nato, si è rapidamente diffuso in tutto il mondo. Il segreto del suo successo è da ravvisare nella sua capacità di unire insieme musica, ballo, arti visive e moda all’interno di una stessa performance.

Le stars di questo connubio di arti sono chiamati ‘idol’. Sono bellissimi e le coreografie in cui si cimentano sono dinamiche e complesse.
In tutto il mondo vanno a ruba dischi, libri e ogni genere di merchandising legato alla cultura del K-pop.
Sembra però che solo in Italia si faccia ancora molta fatica ad accettare e intercettare le nuove tendenze.
I fan lamentano che questi atteggiamenti delle radio e in generale dei media allontanino il mondo dell’entertainment coreano dal nostro paese, costringendo gli appassionati a spostarsi altrove per assistere a concerti e festival.
Neanche i numeri stratosferici che questi artisti collezionano in tutte le piattaforme musicali riescono ancora a scalfire la ‘vecchia guardia’ dei Dj nostrani.
Un invito alla riflessione è a questo punto d’obbligo.