Erano i suini dei frati Ospitalieri di Sant’Antonio ospitati dal l271 nella Chiesa di San Dalmazzo situata nella odierna Via Garibaldi all’angolo con Via delle Orfane. Se non conoscete questa storia ve la raccontiamo. Spazio anche a un breve racconto della chiesa.
Un tempo, a Torino, in Contrada di Dora Grossa (ex Decumano maximus in epoca romana, oggi Via Garibaldi) i maiali passeggiavano liberamente.
Qualcuno di voi può obiettare: ma la situazione non è cambiata di molto.
È vero ma io non mi riferisco ai “maiali bipidi” che inzozzano la via gettando cartacce, abbandonando bicchieri di carta, lattine e bottigliette o imbrattando i muri o non raccogliendo i bisognini dei nostri amici a quattro zampe.

Sto parlando di maiali veri, maiali “guaritori”.
La nostra storia risale a qualche secolo fa, a fine Duecento, e coinvolge la Chiesa di San Dalmazzo, monumento religioso oggi situato in Via Garibaldi all’angolo con Via delle Orfane.
Dal 1271 i frati di Sant’Antonio Abate furono ospitati, appunto, nella Chiesa di San Dalmazzo, e i loro maiali, contrassegnati con un collare azzurro, potevano vagare liberi e rispettati per le vie cittadine.
Vi chiederete perché accadeva tutto ciò.
I frati sono da sempre famosi per la produzione di elisir, erbe medicamentose, unguenti, ecc. e i maiali allevati da questi frati fornivano il “grasso suino” (la sugna) utilizzato per curare la dolorosa malattia della pelle nota come “fuoco di Sant’Antonio”.
Ma fino al 1328 non erano i soli maiali dei frati a vagare per le vie di Torino: lasciare i suini liberi di circolare era una abitudine in uso che creava non pochi problemi.
Proprio nel 1328 un editto ne vietò il transito nell’attuale Via Garibaldi (l’editto prevedeva il sequestro dell’animale se trovato libero e… incustodito).
Questo divieto però non valeva per i maialini di proprietà dei frati Ospitalieri di Sant’Antonio che ne furono esentati in quanto questi suini erano indispensabili per la creazione di antidoti e unguenti.
Tale divieto fu reiterato nel 1531 ribadendo la confisca di tutti i maiali trovati a circolare liberi in Contrada Dora Grossa… e anche in questa occasione i maialini dei monaci furono esentati dal provvedimento.
Non ho trovato fonti che ci rivelassero fino a che data i maiali dei frati hanno vagato per Torino, sicuramente dopo la metà del Cinquecento.

CHIESA DI SAN DALMAZZO IN BREVE
La chiesa di San Dalmazzo è di fondazione molto antica; ha subito un primo, radicale rinnovo a partire dal 1702 e una seconda ricostruzione in stile neogotico nel 1885, che le ha conferito l’aspetto attuale. Contiene numerose e pregevoli opere d’arte, fra cui affreschi ottocenteschi, tele e altari del Seicento e del Settecento e un antico fonte battesimale. All’esterno, la chiesa appare con la veste di gusto barocco assunta all’inizio del Settecento: lesene di ordine corinzio, disposte su due livelli, inquadrano i finestroni che illuminano l’interno e il portale centrale. Un ultimo corpo centrale superiore, recante al centro un affresco, è coronato da un timpano semicircolare e raccordato al resto del fronte tramite volute. A sinistra, seminascosto da un palazzo affacciato sulla via, è posto il campanile. L’interno si sviluppa su una pianta a tre navate con transetto e ai lati delle navate si aprono otto nicchie con altari, il tutto caratterizzato dal manto neogotico ottocentesco, rintracciabile ad esempio nelle edicole, nel pulpito, nel ciborio e nel Cero pasquale. Enrico Reffo e la sua scuola hanno decorato molte delle pareti della chiesa: nella navata centrale, nella sua parte superiore, Teorie di santi (1895-1916), presenza di figure a encausto rappresentanti vedove, penitenti, vergini e martiri; Patroni e benefattori dell’ordine dei Barnabiti (1895) nella cappella dei Santi Paolo e Zaccaria nel transetto destro e le pitture del presbiterio e nella cappella del Sacro Cuore di Gesù, nella navata sinistra.

Al fondo della navata di sinistra si ha una Deposizione di Giovanni Antonio Molineri, documentata nella chiesa dal 1636. Nella prima campata di destra si conserva invece l’antico fonte battesimale. L’affresco sovrastante datato 1885 è di Francesco Gonin. Di notevole pregio è il pulpito di marmo di Carrara che reca l’effigie del parroco Filippo Montuoro a ricordo della grandiosa opera di rinnovamento dell’edificio. L’altare è sormontato da un baldacchino di marmo retto da quattro colonne. Nella navata destra si apre la cappella di San Paolo, strettamente legata alla presenza barnabitica nella chiesa. Nella cappella una vetrata sormonta l’altare di marmo intagliato; in essa sono raffigurati, accanto a San Paolo, San Carlo Borromeo, che per primo ha dimostrato fiducia nell’operato di Sant’Antonio Maria Zaccaria, e San Francesco di Sales, nel carisma del quale l’ordine si riconosce in maniera particolare. La quarta cappella è intitolata a San Leonardo Murialdo, essenziale aiuto ai giovani operai di una Torino che, nella seconda metà del XIX secolo vede crescere in maniera esponenziale il suo sviluppo industriale.
Le foto della chiesa sono di Giusy Virgilio
