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Recensione del nuovo singolo: un lavoro discografico intense, un album compost da sette diverse sfaccettature dell’amore fotografate dall’artista. Un album che invita ad un ascolto intimo, lontano dal frastuono sensazionalistico di certo pop moderno.

Ci sono voci refrattarie alle lusinghe dell’industria discografica; voci che non cedono all’esibizione virtuosistica e che sono permeate da una viva urgenza espressiva.
Una di queste è Ilaria Pastore, cantautrice letteralmente in stato di grazia.

E proprio così, “Stato di grazia”, si intitola il suo nuovo, intenso, lavoro discografico, distribuito da Maieutica Dischi.
Nell’album sette diverse sfaccettature dell’amore, fotografate da un’autrice che fatto pace con il quotidiano e le sue frustrazioni e che sembra volerci regalare la ricetta di questa riconciliazione.
Spaccati domestici che mascherano interrogativi universali, il filo della memoria (Vecchie canzoni) e un futuro immaginato attraverso gli occhi di un personaggio femminile fragile e forte come il cristallo, Renè (Via Verdi).
Ambienti acustici, pop-rock e incursioni elettroniche per un album maturo, alcuni brani del quale (“Un bacio sulla fronte” e “La sufficienza”) sono stati inclusi nello spettacoloTombola! Una questione di numeri- debutto previsto il 19/12, ore 21.00, al Teatro delle Briciole di Parma- che con il disco condivide la riflessione sull’imprevedibilità della vita e la necessità di abbassare l’asticella per non rimanere schiacciati da certi ingranaggi moderni, che rischiano di annullare l’interiorità a vantaggio di una produttività ipertrofica.

Menzione di merito per la rilettura di “Fotoromanza” di Gianna Nannini: un ribaltamento di atmosfera che sottende – forse – un senso nuovo del testo.
Un album sommesso, quasi in punta di piedi, “Stato di grazia”, che invita ad un ascolto intimo, lontano dal frastuono sensazionalistico di certo pop moderno.
Consigliato a chi ama la raffinatezza e la capacità di emozionare della canzone d’autore più autentica.