Riceviamo e pubblichiamo
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Dal 5 dicembre 2025 al 3 maggio 2026 l’esposizione a cura di Antonio Iommelli nella Cappella Ducale di Palazzo Farnese. In prestito eccezionale dalla Galleria Borghese di Roma arriva a Piacenza un capolavoro della pittura del Seicento, La Sibilla cumana del Domenichino, messo in dialogo con le sculture dell’artista contemporaneo Christian Zucconi. Inaugurazione su invito giovedì 4 dicembre alle ore 18.

Palazzo Farnese a Piacenza presenta dal 5 dicembre 2025 al 3 maggio 2026 la mostra “Sibille. Voci oltre il tempo, oltre la pietra“, a cura di Antonio Iommelli, Direttore dei Musei civici di Palazzo Farnese. Un’affascinante e complessa esplorazione della figura profetica femminile delle Sibille, concepita per valorizzare il loro ruolo nella storia dell’arte e per sottolineare il loro legame indissolubile con il patrimonio artistico della città.

Domenico Zampieri detto Domenichino, Sibilla cumana, 1617, Galleria Borghese, Roma

In prestito dalla Galleria Borghese di Roma arriva l’opera La Sibilla cumana di Domenico Zampieri, detto il Domenichino, capolavoro del Seicento che incarna l’interpretazione classica e vibrante della profetessa, che sarà il cuore dell’allestimento e fulcro di un dialogo temporale “serrato” con la contemporaneità, grazie alla presenza di otto sculture sibilline dell’artista piacentino Christian Zucconi.
Il progetto nasce dalla volontà di evidenziare l’importanza delle Sibille nel contesto piacentino, in particolare in riferimento al ciclo pittorico di Giovan Francesco Barbieri, detto il Guercino. Tra il 1626 e il 1627, il Guercino lasciò infatti una testimonianza fondamentale nella Cattedrale di Piacenza, dove affrescò il ciclo dei Profeti inserendo coppie di Sibille nelle lunette del tamburo.
Quest’atto, che completava l’opera iniziata da Pier Francesco Mazzucchelli, detto il Morazzone, testimoniava la rilevanza paritaria di queste figure profetiche nella cultura dell’epoca, rendendo Piacenza un luogo naturale per ospitare un’esposizione dedicata a questo tema. Le Sibille, infatti, compaiono anche in altri due luoghi simbolo della città: nella cupola cinquecentesca di Santa Maria di Campagna, affrescata da Giovanni Antonio de’ Sacchis, detto il Pordenone, e nella basilica di San Francesco, dove Giova Battista Trotti, detto il Malosso, le inserì a coronamento della sua Incoronazione e Genealogia della Vergine Maria.
La giustapposizione tra la pittura seicentesca e le opere scultoree moderne mira a creare un nesso temporale che rafforza il senso di continuità, la fisicità e l’attualità del mito sibillino, sia nella produzione artistica locale che in quella universale.

Al centro dell’esposizione la Sibilla cumana del Domenichino del 1617, data attestata da una ricevuta di pagamento da parte di Scipione Borghese che, si ipotizza, possa aver in qualche modo suggerito l’iconografia. La Sibilla è ritratta con un turbante e alle sue spalle una viola da gamba. Il suo bel volto rivela chiari contatti con la scuola bolognese, mostrando lo sguardo tipico delle protagoniste di Guido Reni. Alle sue spalle, il paesaggio rivela precisi riferimenti simbolici, come l’alloro, albero sacro ad Apollo protettore delle arti, e la vite, che rimanda a Bacco, dio del vino e dell’ispirazione poetica, ma anche a Cristo la cui venuta fu preannunciata da una sibilla secondo l’interpretazione di Virgilio.
L’accostamento con le sculture sibilline di Christian Zucconi, classe 1978, realizzate in travertino rosso persiano e ferro, non sono semplici accompagnamenti, ma rappresentano l’attualizzazione del mito attraverso un linguaggio scultoreo che ne esplora la dimensione psicologica e simbolica. Zucconi infatti ha curato interamente l’installazione, occupandosi della progettazione, dell’allestimento, delle luci e dell’opera sonora Versi sibillini con parole, composizione e musica dello stesso Christian Zucconi, voce e rumori di Greta di Lorenzo e percussioni di Gian Luca Capelli.

Una traccia audio che guida il visitatore in una circolare ripetizione di eventi e suoni, un continuo susseguirsi di significati che estende il tema della profezia e del tempo al di là del visivo, completando il dialogo tra scultura, mito e modernità.
Tutte queste opere, unite, offrono un percorso che partendo da Piacenza e passando attraverso il Pordenone, il Malosso, il Guercino e il Domenichino, approda fino alla scultura e al suono contemporaneo di Zucconi, dimostrando la vitalità e la risonanza del mito sibillino come archetipo profetico universale che risuona attraverso i secoli.
La mostra è accompagnata da un testo critico che esplora il tema delle sibille dal mondo antico fino alla prima metà del Seicento. Dal titolo Sibille: mito, iconografia e visione profetica, di Antonio Iommelli, è edito da Nomos Edizioni e sarà presentato a febbraio 2026.

Sibille
Voci oltre il tempo, oltre la pietra
a cura di Antonio Iommelli
5 dicembre 2025 - 3 maggio 2026
Piacenza

Cappella Ducale di Palazzo Farnese
Orari
martedì, mercoledì, giovedì e venerdì: 10-13 e 15-18 sabato, domenica e festivi: 10-18
lunedì chiuso

Festività
8 dicembre 2025: dalle 10:00 alle 18:00
24 dicembre 2025: dalle 10:00 alle 13:00
25 dicembre 2025: CHIUSO
26 dicembre 2025: dalle 10:00 alle 18:00
31 dicembre 2025: dalle 10:00 alle 13:00
1° gennaio 2025: dalle 15:00 alle 18:00
6 gennaio 2026: dalle 10:00 alle 18:00
5 aprile 2026: dalle 10:00 alle 18:00
6 aprile: 2026: dalle 10:00 alle 18,00
1° maggio 2026: dalle 10:00 alle 18:00
Biglietti
INTERO - EUR 10,00
RIDOTTO - EUR 7,00
SCUOLE-GIOVANI (6-25 ANNI) - EUR 4,00
GRATUITO - EUR 0,00
Per l’elenco completo delle categorie aventi diritto al biglietto d’ingresso ridotto o gratuito, si prega di rivolgersi alla biglietteria
Info
tel. 0523492658 – 2659
mail info.farnese@comune.piacenza.it
OPERE IN MOSTRA

La Sibilla Cumana del Domenichino
Domenico Zampieri detto Domenichino
Sibilla cumana, 1617
olio su tela, cm 123 x 89, Galleria Borghese, inv. 055
La sua acquisizione è ben documentata: una ricevuta di pagamento attesta che il dipinto fu comprato nel 1617 da Scipione Borghese, che versò al Domenichino 150 scudi "per saldo di due quadri"; si trattava della Sibilla e de La caccia di Diana (anch'essa oggi alla Galleria Borghese). Questa provenienza, confermata anche da Giovan Pietro Bellori (1672), smentisce l'ipotesi precedente di Giovan Pietro Zanotti, che faceva risalire il dipinto alla collezione di casa Albergati. La datazione al 1617 è ulteriormente corroborata dall'unico disegno preparatorio noto (Windsor Castle), il cui recto presenta lo studio a carboncino per la Sibilla e il verso gli abbozzi per gli affreschi di Fano, contrattualizzati nello stesso anno. Si ipotizza che l'iconografia sia stata suggerita proprio dal colto committente, Scipione Borghese. Sebbene il soggetto sia inequivocabile, in passato l'opera fu variamente interpretata: Iacomo Manilli (1650) la descrisse come una 'Musa', l'inventario del 1700 come una 'Santa Cecilia', e nel 1790 venne vista come un'allegoria della musica. La Sibilla è qui ritratta con un turbante e, alle spalle, una viola da gamba. Sia questo strumento sia lo spartito musicale che l'accompagna si ritiene ricordino l'ambiente musicale bolognese vicino al compositore Girolamo Giacobbi, in contatto col Domenichino. Il suo bel volto - forse un ritratto di Marsibilia Barbetti, moglie del pittore - rivela chiari contatti con la scuola bolognese, mostrando lo sguardo tipico delle protagoniste di Guido Reni. Alle sue spalle, il paesaggio incornicia la scena con precisi riferimenti simbolici: oltre una recinzione si intravedono foglie di alloro, albero sacro ad Apollo protettore delle arti, e una vite, che rimanda a Bacco, dio del vino e dell'ispirazione poetica, ma anche a Cristo la cui venuta fu preannunciata da una sibilla secondo l'interpretazione di Virgilio. Il successo di questa tela portò alla realizzazione di altre versioni. Una Sibilla leggermente variata si trova oggi alla Wallace Collection di Londra, acquistata nel 1848 e probabilmente proveniente da casa Ratta a Bologna. Un'altra, posteriore, è esposta nella Pinacoteca Capitolina. L'opera fu anche riprodotta a stampa nel Settecento da Tullio Marcucci e in seguito da Pietro Fontana.

Le sculture sibilline di Christian Zucconi
Madonna dell’assenza (28 novembre 2019): rinnova aspetti del periodo kenoclastico di Zucconi, ma il vuoto qui non è più il risultato di un gesto distruttivo, bensì la condizione su cui la figura prende forma. L'artista assume l'assenza sia in accezione fisica (mancanza di struttura interna) che morale (mancanza di struttura interiore), donando leggerezza e un movimento rotatorio a un materiale tradizionalmente pesante.
Sibilla del mattino (24 maggio 2020): segna l'inizio della nuova stagione iconografica dell'artista. Dedicata al mattino, è la prima opera in cui l'apporto dell’artista Greta di Lorenzo per le pose è essenziale. La Sibilla è concepita come figura che, come quelle michelangiolesche, annuncia il mistero e la grazia, ed è pregna di aspettative per lo svolgersi della giornata.
Sibilla della sera (7 novembre 2020): è la naturale compagna della Sibilla del mattino, con cui forma un "orologio cosmico allegorico". Mentre la figura mattutina sale, quella serotina precipita velocemente nel buio della notte, mantenendo tuttavia una profonda quiete e serenità nonostante la posa estrema e complessa.
Madonna della febbre (20 aprile 2021): è un riflesso della febbre della pandemia, intesa sia come condizione fisica che morale, che ha costretto all'introspezione. La figura sembra squarciarsi, con una proliferazione di arti e volti che compaiono nei vuoti, ma mantiene una olimpica compostezza e rivolge gli occhi all'interno, sussurrando, mostrando come l'afflizione possa trasformarsi in riflessione.
Canto del fuoco (28 luglio 2021): è il primo dei Canti e si ispira ai versi di Dante sulla fiamma biforcuta che racchiude Ulisse e Diomede. Le dita della scultura diventano fiammelle, trasformando il fuoco da immagine di supplizio a simbolo di agitazione intellettuale continua e mutevole. Questo fuoco incarna la ricerca incessante dell'uomo dal "multiforme ingegno", una ricerca destinata alla sconfitta che, nondimeno, onora l'essere umano e il suo sforzo.
Canto dell’acqua (13 ottobre 2021): trae ispirazione dall'Eva della Cacciata dal Paradiso terrestre di Masaccio e ricalca la forma dell'antico oinochoe greco (brocca per acqua e vino). La bocca aperta non esprime un grido di dolore, ma si apre per dissetare e inebriare, assumendo una connotazione positiva. L'acqua è, per Zucconi, elemento di quiete, silenzio e generazione, anziché di tempesta.
Sibilla del ramo d’oro (29 maggio 2023): ispirandosi all'episodio della discesa agli inferi dell'Enea virgiliano, l’artista si concentra sul gesto della Sibilla Cumana che amorevolmente custodisce il ramo d'oro – qui riprodotto come un ramo di vischio biforcuto simile alla lettera Y – simboleggiando i due sentieri morali percorribili e alternativi, come suggerito da Frazer nel suo omonimo saggio.
Canto delle foglie (12 gennaio 2024): realizzato dopo un lungo tempo di gestazione, si ispira alla Dafne berniniana. L'opera di Zucconi coglie il momento in cui l'azione è già avvenuta, lasciando spazio solo alla riflessione e al silenzio. A differenza di Dafne, la figura di Zucconi affonda, e le braccia e le mani che cercano un appiglio diventano rami secchi senza foglie, che sono state portate via da una corrente inesorabile e che galleggiano su un oceano che tutto copre, simboleggiando la dolce rassegnazione al destino.
Versi sibillini (2025), installazione sonora con versi, composizione e musica dello stesso Christian Zucconi, voce e rumori di Greta di Lorenzo e percussioni di Gian Luca Capelli, si configura come parte integrante dell'opere artistica complessiva. "Versi sibillini" scompone una poesia dell'autore in lettere, rumori e note, seguendo le diverse ore della giornata: dal caotico tessuto sonoro del mattino si passa alla chiarità del meriggio, poi ai toni elegiaci e crepuscolari della sera, fino ad arrivare al vento notturno che simbolicamente spariglia nuovamente le foglie – proprio quelle sulle quali, nella tradizione, la Sibilla scrive i propri vaticini.
BIOGRAFIE ARTISTI

Domenico Zampieri (Bologna, 1581 - Napoli, 1641)
Noto come il Domenichino, fu un eminente pittore italiano e un fervente sostenitore del classicismo in pieno periodo barocco. La sua pittura, dove il disegno aveva un ruolo preponderante, mirava alla semplicità e chiarezza narrativa, trasfigurando le composizioni in un ideale di bellezza classica. La sua formazione iniziò a Bologna presso Denijs Calvaert, dove studiò con Guido Reni e strinse amicizia con Francesco Albani, condividendone l'orientamento artistico. Espulso da Calvaert, passò alla prestigiosa Accademia degli Incamminati, retta da Ludovico Carracci. Nel 1601, si trasferì a Roma per unirsi ad Annibale Carracci, di cui fu allievo e collaboratore, partecipando a cicli decorativi cruciali come quello della Galleria di Palazzo Farnese. A Roma, ottenne il supporto del teorico dell'arte Giovanni Battista Agucchi, che ne influenzò la visione classicista, e divenne rapidamente uno dei maggiori pittori del tempo. Eseguì grandi cicli di affreschi, tra cui la Flagellazione di sant'Andrea in San Gregorio al Celio e le Storie di san Nilo a Grottaferrata, che lo consacrarono nel panorama artistico. Tra i suoi capolavori su tela spicca la monumentale Comunione di san Girolamo (Musei Vaticani, Città del Vaticano, 1614). Dopo un breve soggiorno bolognese (1618-1620), rientrò a Roma nel 1621, favorito dall'elezione del papa bolognese Gregorio XV Ludovisi, che lo nominò architetto generale della Camera apostolica. Tra il 1622 e il 1628 si dedicò all'impegnativo cantiere della Basilica di Sant'Andrea della Valle, dipingendo il catino absidale e i pennacchi in competizione con Giovanni Lanfranco, autore degli affreschi della cupola. Nonostante il successo, il mutato clima politico-artistico lo spinse ad accettare, nel 1630, l'incarico per la decorazione della Cappella del Tesoro di San Gennaro nel Duomo di Napoli. Il periodo napoletano fu segnato dalle forti ostilità della locale "cabala" di pittori, che lo costrinsero a fuggire temporaneamente, salvo poi tornare per completare parte dei lavori. Morì improvvisamente a Napoli nel 1641, lasciando incompiute diverse opere del ciclo.

Christian Zucconi
Nato nel 1978 a Piacenza, dove vive e lavora, Christian Zucconi focalizza la propria ricerca sul corpo umano. Tra le mostre personali si segnalano quelle alla Pinacoteca del Castello Visconteo di Legnano; al Museo d'Arte Antica del Castello Sforzesco di Milano; ai Musei Civici di Palazzo Farnese a Piacenza; al Museo dell'Opera del Duomo di Prato, in cui è anche presente in permanenza la sua "Depositio Christi"; e all'Anfiteatro anatomico dell'Antico Ospedale del Ceppo a Pistoia. Si segnalano inoltre anche la partecipazione alla 54a Biennale di Venezia Padiglione Emilia Romagna e alla 46a Biennale di Venezia Teatro con "Cicatrici".