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Da un incontro tra fornelli della cucina dell’Istituto Coreano di Roma tra una professionista della psiche che vive a cavallo tra Italia e Corea del Sud e un’appassionata di cultura asiatica, nasce l’idea “K-Pop, K-Drama e Psicologia” un’analisi dei trend del momento che scaldano il web.
Nella chiacchierata di oggi affronteremo, con la psicoterapeuta Maria Pia Gisario, il tema delicato sulla percezione delle famiglie miste in Corea, analizzando il tanto discusso K-drama “MOTEL CALIFORNIA” con i talentuosi protagonisti Lee Se-young e Na In-woo nel ruolo di due vecchi amici d’infanzia che si ritrovano dopo 12 anni.

Sullo sfondo una cittadina di provincia dalla quale la protagonista di razza mista, cresciuta tra sussurri e pettegolezzi che le hanno lasciato profonde cicatrici emotive, fugge appena raggiunta la maggiore età, cercando di perdersi e far perdere le sue radici nella più caotica e cosmopolita Seoul.
Il destino però la rimette sulla strada della sua vecchia casa, per scoprire che anche a distanza di anni nulla è cambiato.
Il suo passato mina ancora il suo presente e quello delle persone che la circondano.
L’incontro con un primo amore mai dimenticato che si riaccende tra mille difficoltà e rancori. Un mix di dinamiche tossiche che travolgerà i due amanti.
Segreti e tensioni guideranno la protagonista in un viaggio dove la libertà emotiva si esprimerà con la vendetta e la ripicca.
La sfida di combattere lo stigma sociale di essere nata da una coppia mista che la porta ad assumere comportamenti contraddittori e manipolatori come forma di autoassoluzione, che però da vittima la trasformano in un personaggio “irritante”.
Minando la naturale empatia che dovrebbe provare lo spettatore così come gli abitanti della cittadina.
Maria Pia, va bene se ci diamo del tu visto che non siamo alle Belve e beviamo somaek insieme ormai da diversi anni?
Certo assolutamente!!
Negli ultimi anni l’interesse verso la Corea del Sud è cresciuto vertiginosamente e molte persone stanno visitando il Paese. Nonostante ormai ci siano molti contenuti che sfatano i luoghi comuni, ancora oggi c’è chi sogna di incontrare un partner che ricordi il/la protagonista di un k-drama! E magari qualcuno ci riesce… ma quando una coppia mista si consolida e si confronta con la realtà, quella delle famiglie in primis e quella della società coreana, cosa succede realmente?
Proviamo a rispondere analizzando la serie tv MOTEL CALIFORNIA.
Direi che hai scelto bene! Ho diverse opinioni riguardo questo k-drama. È come dire “succoso” per certi versi. Da un punto di vista psicologico molto ben fatto e interessante da approfondire. Non è una commedia romantica, ma è un dramma! Per cui segue il filo tormentato del genere e si conclude con la cura, la guarigione dell’animo.
Eppure in Corea lo hanno trovato un po’ noioso, come mai secondo te?
Penso di averne colto il motivo! La mia idea è che siamo difronte a una storia reale. La noia, il fastidio, potrebbero essere la proiezione di un qualcosa che non si vuole riconoscere o vedere. Infatti nella mia vita in Corea mi è capitato di fare domande (forse un po’ scomode), ma non ho mai avuto grandi risposte. È come se si scegliesse di guardare dall’altra parte. Magari avremo modo di approfondire e ti racconterò qualche aneddoto.
Abbiamo detto che la protagonista, figlia di un matrimonio misto, ha un atteggiamento distruttivo verso tutti i personaggi che le gravitano intorno e che le vogliono bene.
È trincerata dietro la sofferenza causata dal bullismo e le maldicenze del passato che non hanno fatto sconti neanche alla lei bambina.
Hai detto bene “trincerata”. Ti spiego in breve a cosa sto pensando: secondo la psicologia interpersonale della Lorna Benjamin e l’analisi transazionale di Eric Berne ognuno di noi sin dalle prime esperienze e i primi legami, scrive il copione della propria vita. Se vediamo la protagonista al presente osserviamo il suo comportamento; tu prima l’hai definita irritante, io per esempio ho provato una gran pena. Lei è completamente trincerata, ovvero si difende e mette in quel modo distanza nelle relazioni. Perché ciò che ha imparato è che le persone tradiscono o se ne vanno o non ti accettano per come sei. Tu dici che è stata vittima di bullismo, ma in alcune scene vediamo anche come lei stessa sia il capo della sua banda, “i gangster”. Qui l’elemento chiave è il controllo-dipendenza.

Oltre allo stigma della natalità “inusuale” a legare i due protagonisti c’è anche il tema dell’aspetto fisico fuori dai canoni della società coreana.
Lui uomo over size e lei con lineamenti dai tratti “occidentali”.
Saranno proprio queste però le caratteristiche ad unirli da subito ancora di più…
Mi è sembrata una forzatura, ma ho imparato che i k-drama sono molto studiati! A volte mi chiedo proprio se non ci lavorino anche psicologi. L’amico di infanzia rappresenta il suo pigmalione emotivo. La sua parte adulta e genitoriale… senza di lui, non si sarebbe salvata da sola! Per quanto riguarda l’estetica del corpo secondo me è una polemica un po’ banale. Chi ha viaggiato in Corea e chi conosce la Corea sa che non sono tutti magri, perfetti e con la pelle bianca. Si, sono attenti alla salute, camminano molto, si allenano, ma l’idea di “bellezza coreana” è il prodotto che ci stanno vedendo. E quando da questa parte ci sorprendiamo nel vedere un adolescente in carne in un drama mi viene da sorridere e pensare che hanno fatto proprio un buon lavoro. Il soft power Coreano è potente.
Il triangolo si chiude con il ruolo della madre di lui. Le due donne nutrono un “odio reciproco” alimentato dai “non detti” tipici della cultura coreana.
… beh qui ammetto di aver proiettato la mia esperienza sul personaggio. Purtroppo non ho ricevuto l’accoglienza che speravo e mi auguravo da parte della famiglia del mio compagno. Ancora oggi ci sono “non detti” e “tensioni” e il motivo è proprio la mia provenienza. Purtroppo i “non detti” nel mio lavoro portano spesso a relazioni disfunzionali e questo aspetto culturale effettivamente non aiuta lo straniero. Quindi rispetto a questo, si, devo dirti che odiato anche io la madre di lui. Non ha visto il marito infelice, non ha visto il figlio annullarsi per lei e non ha visto una ragazzina che non aveva colpe.
Pensi che la storia rappresenti ancora il modo di pensare di molti?
Probabilmente in un piccolo paesino sì, ma non mi stupirebbe. Succede anche qui in Italia! Penso che siamo anche noi ad avere una percezione idealizzata della Corea del Sud. Per cui quando qualcosa va fuori dalla perfezione che (a questo punto) anche noi ci aspettiamo saltiamo dalla sedia. Ma ricordiamoci che i k-drama hanno l’obiettivo di far divertire, riflettere, emozionare. Non sono documentari sulla vita quotidiana in Corea. Anche se ci permettono comunque di percepire dinamiche che purtroppo ancora esistono.
Il ruolo della madre che scappa con un altro uomo è un po’ una conferma della diffidenza del popolo del paesino nei confronti della straniera? Un cliché…
Si. Ma stando in Corea ho percepito anche qualcosa in più. La diffidenza arriva dal rifiuto e dalla paura della diversità. L’essere diverso, non coreano, in termini di trasmissione transgenerazionale, probabilmente, è pericoloso. Non è qualcosa che decidi di fare perché sei cattivo o ignorante, è come se ci fosse un pulsante sempre attivo di allarme dentro i coreani (almeno quelli della generazione dei miei suoceri) perché nella loro storia culturale lo straniero ha solo “fatto danni”, per dirla in maniera semplice.
Eppure la protagonista condanna il padre, colpevole di non aver prestato maggiori premure alla moglie. Atteggiamento che avrebbe portato la donna ad abbandonare la famiglia. Com’è questo padre? Assente o fin troppo presente a suo modo? Che ruolo gioca la sua attività di gestore di un motel?
Non lo definirei ne assente né troppo presente. Bisogna sempre considerare chi osserva il comportamento. Da parte mia ti potrei dire che è stato un padre assente perché è rimasto nel suo Motel a farsi la sua vita invece di provare e riprovare a far parte della vita della figlia. Come in passato aveva ignorato i bisogni della moglie sola e depressa. Ma c’è anche un altro aspetto! E se invece dicessimo che lui rispetta la figlia e la lascia libera? Mantiene una distanza di sicurezza che quest’ultima accetta. È come se ci fosse un confine invisibile. Aspetta pazientemente il suo ritorno. La lente culturale forse qui può darci queste due prospettive. Io l’ho interpretata così: non è capace di gestire e contenere le emozioni sgradevoli, di sofferenza dell’altro. Per quanto riguarda la protagonista invece quello che capisco io, è che lei, nel legame con il padre fa una proiezione. Ora non vorrei spoilerare troppo però verso la fine della storia si vede chiaramente qual è il peso che si porta dentro. Un peso talmente grande che è impossibile conviverci. Per cui, come meccanismo di difesa, proietta sul padre tutto l’odio che ha per sé stessa. Anche un po’ per giustificare la sua di fuga.
Parlando di scelte narrative. Come mai il regista non approfondisce il personaggio della madre e fa parlare il meno possibile l’attrice straniera che la interpreta?
Su questo non ci ho visto nulla di particolarmente strano. Della madre non c’era molto da dire. Era una donna fortemente depressa, che invece di suicidarsi ha trovato qualcuno disposto a portarla lontano. Si capisce chiaramente anche quanto abbia pazientemente aspettato il marito. Ritorna spesso nei drama coreani questo abbandonare tutto e andare via.

Ti eri accorta che, oltre ai titoli di coda, anche il suo nome non compare mai nella scheda del cast? Sul sito ufficiale c’è addirittura lo schema delle connessioni tra i personaggi, ma la madre non figura mai.
Questa cosa me l’hai fatta notare tu e mi è sembrata cosi assurdo! Ho chiesto ovviamente anche al mio fidanzato che ha liquidato la questione semplicemente parlando di accordi tra agenzie… cosa avrà voluto dire? Non saprei. Forse è questo uno di quei casi che ti dicevo prima…si risolve tutto guardano dall’altra parte.
Mi viene da pensare se sono solo gli abitanti del paesino a non essere pronti ad accettare qualcuno che non sia locale o questa scelta è evidenza di qualcosa di più viscerale?
Nel mio lavoro sono abituata a fare domande per capire meglio. Se dovessi dare un giudizio così senza sapere altro direi… ah, ma guarda questi, chi si credono di essere! …ah sai anche a me in Corea mi è successo questo e quest’altro…bla black… Penso che il modo migliore per affrontare il tema, così delicato dell’inclusione, sia prima comprendere il contesto. Posso dirti però che per la mia esperienza personale, non è tutto cosi meraviglioso come sembra. È molto difficile creare legami con i Coreani.
Mi sto chiedendo se infastidisce più noi che l’attrice. Sarà il patriottismo, perché io l’ho riconosciuta subito.
Adriana Maria Duello è stata una delle protagoniste del contenuto dell’Istituto Culturale Coreano “La Corea che vuoi tu!” su YouTube.
Recentemente ha partecipato anche al film Dark Nuns con Song Hye-kyo.
Tu l’avevi riconosciuta?
No, sinceramente. Però sai qual è la cosa che invece mi ha disturbata moltissimo? Vedere che le hanno fatto fare la parte di un’americana. Perché? Straniera per straniera non poteva essere semplicemente italiana?
Sarebbe bello chiederglielo.
Ciao Adriana, grazie per aver accettato di rispondere a qualche domanda e curiosità sulla tua esperienza sul set di MOTEL CALIFORNIA.
Grazie mille per avermi contattata! Devo dire che è vero che nelle schede del cast la mamma non appare, ma fino a metà riprese io non credo che la regia avesse ancora ben in chiaro quanto volesse approfondire questo argomento. La decisione di parlare più della mamma arriva tardi e invece le schede vengono di solito fatte in una fase iniziale del drama purtroppo! Per quanto riguarda il non essere italiana, ma americana non mi infastidisce più di tanto, anzi il motivo per cui il Motel si chiama California è proprio perché il mio personaggio è originario della California magari Motel Sicilia non dava lo stesso effetto!
Cosa ci puoi dire di più sul tuo personaggio?
Parto dal dire che questa mamma in realtà nella storia ha un nome, anche se non viene detto spesso, si chiama Mia. È un personaggio sicuramente molto tormentato. Io vivo in Corea da 10 anni e quindi condivido questo senso di solitudine che spesso hanno in comune le persone che vivono all’estero, una solitudine che in altri tempi deve essere stata ancora più forte, soprattutto se si lascia il proprio paese d’origine per andare in un paesino di provincia dall’altra parte del mondo, come appunto nella storia di Mia. Devo essere sincera non ho avuto moltissime indicazioni su questo personaggio sin dall’inizio. Le informazioni che ottenevo erano spesso cliché o comunque chiarimenti molto superficiali, quindi posso dire che ho costruito il personaggio di Mia partendo dai punti in comune che ho con lei proprio per renderla più reale possibile. Anche se poi Mia non appare molto quindi da sola non ho avuto molto modo di abbattere tutti i cliche’ della storia!

Parlando di cliché, da straniera che vive in Corea del Sud da anni, come ti sei sentita ad interpretare proprio questi stereotipi?
Io credo che la Corea abbia fatto dei passi avanti sotto questo punto di vista anche se ovviamente la strada è ancora lunga. Mi è capitato ad esempio per una webseries di fare il ruolo di una serial killer in Corea, un ruolo che da donna straniera è molto difficile da ottenere qui. Ma ovviamente capitano anche i soliti ruoli da “straniera” stereotipata. Questi copioni sono per me spesso il risultato di un’ignoranza al riguardo! Un non conoscere approfonditamente altre realta’ culturali per motivi magari storici; quindi non mi indispettisco più di tanto anzi apprezzo la volontà di voler usare attori stranieri e l’apertura nell’accettare le mie opinioni al riguardo. Io poi credo che il ruolo dell’attore sia anche quello di correggere queste storture e rendere il personaggio piu’ “vivo” e vero possibile e quindi io mi limito a fare quello.
Puoi svelarci un segreto sul set? (attenzione spoiler)
Un segreto del set è proprio quello che accennavo prima! Che anche se avevamo un copione la storia spesso si improvvisava. Il regista era anche molto aperto a sentire la mia opinione al riguardo quindi nonostante la confusione a volte c’era comunque un bel clima. Uno scoop che posso dare è che Mia e il padre di YeonSoo non avevano una relazione d’amore, ma semplicemente lei aveva chiesto aiuto a una delle poche persone con cui si sentiva capita e a proprio agio perche’ voleva tornare in America a trovare la famiglia. Il marito le aveva dato gia’ piu’ volte delle delusioni al riguardo, e dopo l’ennesimo episodio dove le da buca, lei sentendosi in gabbia prova ad andare da sola. Questa situazione magari non è stata spiegata al meglio nel drama e si gioca molto sul malinteso del tradimento, ma mentre la giravamo quello era l’intento! E non l’abbandono della figlia e marito. Un altro episodio molto carino è stato quando ho incontrato Lee Se-young sul set tra una scena e l’altra e lei appena ci siamo viste mi ha chiamata mamma e con le lacrime agli occhi ci siamo abbracciate.
Quando ti vedremo in qualche nuovo progetto?
In autunno uscirà un drama che si chiama “Can This Love Be Translated?” per cui ho recitato una piccola parte dove parlo in italiano! Stay tuned!
Fantastico! Grazie mille Adriana.
Considerazioni finali Maria Pia?
È interessante vedere come da un k-drama si possano aprire così tanti argomenti di discussione! Ma anche accorgerci che la nostra esperienza personale, la nostra storia sono come delle lenti con cui guardiamo il mondo. Io sono una straniera che vive tra la Corea del Sud e l’Italia e come dico sempre non vedo la Corea con gli occhi a cuoricino. Semplicemente e realisticamente perché non è un paese perfetto. E credetemi, qualche scena da k-drama, in famiglia, l’ho vissuta sulla mia pelle. È un paese che per alcuni aspetti deve ancora evolversi emotivamente. Come dice il mio fidanzato: “abbiamo un hardware di ultima generazione, ma il software è ancora un windows95”.
(auto)Biografie
Dott.ssa Maria Pia Gisario. Psicoterapeuta e Consulente Familiare
Il mio approccio è l’Analisi Transazionale integrata. Mi occupo di adulti, coppie e italiani che vivono all’estero.
Diversità culturali, inclusione e trattamento di tutti i sintomi o situazioni legate al vivere lontano.
Il mio interesse nell’ultimo anno sta andando verso uno studio dei copioni di vita culturali; dunque, quanto la cultura di appartenenza influenza il nostro copione personale.
Curo una pagina fb legata alla professione e una Ig dove parlo di Corea del Sud e di tutte le mie esperienze coreane “hallyu_lacoreavistadame”.
Adriana Maria Duello. Attrice e personaggio televisivo
Vivo in Corea del Sud dal 2015. Ho studiato lingua Coreana all’istituto di lingua dell’Università Yeonsei, e successivamente ho conseguito la laurea in Recitazione alla Korean National University of Arts. Tra i progetti a cui ho partecipato: Vincenzo (drama TVN ep 6), “From Now On, Showtime!” (drama MBC, ep.15), Island (nel ruolo dell’indemoniata ep.1), Motel California (drama MBC, nel ruolo di Mia), “Black Nuns” (film, nel ruolo della suora interprete), Naked History (programma televisivo, Tvn) etc.
Tra i progetti in Italia conduco “La Corea che vuoi tu!”, un format del canale YouTube dell’Istituto Culturale Coreano.
Sono su Instagram come @adryuppy e su YouTube come “Lost in Ari”.
Motel California (모텔 캘리포니아) è una serie televisiva basata sul romanzo “Home, Bitter Home" di Shim Yoon-seo (2019).
Regia di Kim Hyung Min e Lee Jae-jin. Sceneggiatura di Lee Seo Yoon.
Disponibile sulla piattaforma Viki in 12 episodi.
https://program.imbc.com/MotelCalifornia
