“… e pensare che danzino, con loro, in giro per il mondo” . Oggi la nostra collaboratrice Giulia Quaranta Provenzano ci propone l’intervista alla fondatrice dell’Atelier Blu, mente e mano dei tanti originali capi d’abbigliamento e fantastici accessori del suo multiverso di mamma, pittrice e costumista… 

Buongiorno! Lei ha scelto quale suo manifesto – e altresì per il suo Atelier Blu – la vagina incoronata come simbolo di energia, femminilità e ardore. Si dice poi che codesto cuore sacro protegga e illumini coloro ai quali viene donato e sia portatore di erotismo, fertilità, allegria. Tale suo identificativo ha origine da un occorso e da un ben preciso pensiero e ideale, da una qualche tenace speranza? “Buongiorno Giulia! Spesso accade che io segua un istinto, una piccola intuizione e che questa si riveli più importante, per il mio percorso, di quanto credessi in origine. La vagina incoronata è un estratto di ‘The Crown’ [clicca qui per vedere l’opera originale], da me dipinto durante i primi giorni di lockdown ossia a marzo 2020. Il cuore – che ora rappresenta il mio Atelier Blu – abita perfettamente al centro proprio del dipinto e mi sono accorta, nel tempo, che ne riassume perfettamente la natura. In quei giorni confusi e di spavento, misi sul cavalletto una grande tela e iniziai a tracciare disegni che liberassero la paura e la trasferissero fuori da me. Dipingere è il mio modo di esorcizzare il dolore. Poter guardare ciò che mi spaventa, dargli una forma, mi aiuta a pensare… a capire, ad accettare. La vagina è un simbolo che amo molto. Ho sempre rappresentato la femminilità, la fertilità, il potere del concepimento come origine e motore del mondo… sarà perché, per tanti anni, avrei voluto essere nata maschio a causa di un certo piglio ribelle e scomposto che mi porto dietro dall’infanzia. Durante l’adolescenza ho sofferto la mia femminilità, arrivando a rinnegarla. Quando infine ho accettato la mia natura, mi sono innamorata dell’essere donna. È stata una maturazione travagliata ma bellissima, originata da una profonda consapevolezza e da un pensiero elaborato attraverso l’esperienza fatta e i libri che ho letto, la musica che ho scelto, la storia che ho studiato. Adesso che sono adulta e madre, celebro la femminilità nei miei quadri in quanto penso che non venga mai fatto abbastanza. Le donne hanno ancora moltissima strada da percorrere per essere riconosciute come grembo perfetto e miracoloso dell’umanità. Donne instancabilmente rivolte al proprio cuore e tenacemente in difesa del proprio cervello, capaci di un’alchimia tra sangue e mente che andrebbe riconosciuta e protetta nonché sostenuta come patrimonio universale. L’erotismo e l’allegria sono quanto auguro a tutte le donne che amo e che, nella vita, mi tengo vicine. Il cuore sacro è appunto un simbolo potentissimo di protezione e, benché il mio sia poco sacro, è però pieno d’amore”.

In un suo post su IG del 21/12/2022 [clicca qui per vedere le foto postate da Chiara Maria Massa] ha scritto: “(…) tutto quello che ho. Tutto quello che sono. In una stanza zeppa di musica e di sguardi accesi, c’è mia figlia che canta. Ha una gonnellina fatta dalla mamma, vi è un dipinto alle sue spalle e i miei occhi sono sgranati nell’ascoltarla, luccicanti di fierezza. (…) raccogliere tutto in un solo minuto è una faccenda di magie, che mica tutti le riescono a fare. Che mica capitano tutti i giorni. Che poi ti strizzano la pancia e il cuore per giorni, per anni, per sempre. Soprattutto se quel tutto, ma proprio tutto, te lo sei andato a cercare come si cerca un tesoro. Testardamente, scientificamente, spudoratamente, sconsideratamente. In cima a una montagna, (…), in fondo al mar”. Ebbene le chiedo se il in cima a una montagna a cui ha fatto riferimento abbia a che fare con qualche pregiudizio o contrasto che ha vissuto in prima persona e se il in fondo al mar a cui ha alluso ha a che vedere con la fecondazione assistita (o, comunque, se si sente di esprimere una sua opinione a questo proposito – l’acqua è infatti uno dei simboli per eccellenza della vita dunque, a buon diritto, di quella primordiale). “Mi sorprende di lanciare messaggi così chiari… Mi sorprende e mi confonde… sono dunque molto meno ermetica di quanto credessi o forse lei, Giulia, ha un intuito e una sensibilità sottile! Sì, ho dovuto lottare parecchio per avere le mie bambine. La seconda, in particolare, che sono andata a cercare con cocciuto e profondissimo amore per strade dove tutti mi dicevano che non avrei dovuto addentrarmi… Ma in fin dei conti ho scelto, pensato, voluto, cercato e trovato – testardamente, scientificamente, spudoratamente, sconsideratamente – tutto quello che ho… e non è, il mio, un modo di dire. Non ho dato grosse possibilità al caso, non credo nel destino. Ho, piuttosto, sempre dato grandi bracciate in mare aperto, sperando che – una volta toccata terra – non fosse una delusione. È successo, poi la delusione è però passata e ho ripreso a solcare il mare. Sa come recita la canzone ‘My Way’ di Frank Sinatra? Fa ‘(…) Regrets, I’ve had a few/ But then again, too few to mention/ I did what I had to do/ And saw it through without exemption/ I planned each charted course/ Each careful step along the byway/ And more, much more than this/ I did it my way. (…)’”.

So che ritiene – citandola – che l’Arte non sia un potere, bensì una straordinaria consolazione… specialmente sui fianchi. Consolazione a quale proposito, nel suo caso? Sottolinea inoltre spesso, nelle descrizioni dei capi d’abbigliamento da lei creati, appunto i fianchi perciò saremmo entusiasti di scoprire come mai e non di meno perché altrettanto sovente vi accosta quale binomio sangue e ali che vanno a fuoco. “Quanto sono belli i fianchi delle donne! Sono una culla, sono una tana, sono ciò che le sostiene. Sono capaci di danzare e di fare l’amore. Cambiano per accogliere un bambino, si curvano e si flettono per metterlo al mondo… e, poi, ricominciano a ballare. Ecco, quindi, ché adoro che i miei dipinti si accomodino sui fianchi delle femmine e adoro pensare che danzino, con loro, appunto in giro per il mondo. È, questa dalla tela al tessuto, un’evoluzione bellissima del quadro comunemente appeso al muro. Il dipinto – se viene posto sui fianchi di coloro che lo vestono – cammina, si siede, si accuccia, balla! I fianchi, inoltre, sono a metà via tra il sangue che ci lega alla terra e le ali che ci consentono il cielo…”.

La parola Love è quasi una sorta di sua firma al termine di ogni post su IG. Orbene cos’è l’Amore in base alla sua sensibilità e a cosa, invece, ha detto Fanculo a giugno dello scorso anno? “L’amore è la ragione, se una ragione esiste, per essere al mondo. Dico ‘Fanculo’ a così tante cose che non credo sia interessante elencarle, tanto più che sono talmente comuni da essere noiose, ma… ‘Fanculo’ alla pandemia, ai cinema chiusi, alle librerie fallite, alla morte, al silenzio solcato dalle sirene, alle domande senza risposta, allo smarrimento, alla paura… e a me che, mille volte, mi scuoto la cenere dalle ali e sempre cerco di imparare di nuovo a volare. Moltissimi ‘Fanculo’ pure alla prima macchina da cucire, al primo volo in un cielo sconosciuto e a quanti ne ho detti rompendo aghi e fili. La prima gonna che ho cucito da sola la conservo ancora, sbilenca e imperfetta quale è, per ricordarmi che sono in grado di cucire e so fare non soltanto questo. So, infatti, come si fa a rinascere mille volte”.

La vita simboleggiata dai più bei colori accesi e la morte e i suoi precedenti pericoli, ai quale si ricollegano i mostri e teschietti di alcune sue opere, in quale relazione si trovano nel suo vivere e nella sua artisticità? “Sono molto legata alla storia, alla cultura e alle tradizioni del Messico. Le ho studiate a lungo e ho studiato i suoi artisti. Sono stata fisicamente in questa nazione e lì i miei occhi erano sempre sgranati, raccogliendo tanta bellezza – che è, poi, entrata a far parte del mio immaginario e della mia esistenza. C’è chi dice che casa mia sembri una casa messicana… ha colori accesi, è disseminata di lucine dorate ed è fitta di decorazioni tant’è che a ogni angolo ci sono pappagalli, cuori sacri, calavera coloratissimi. Ne produco centinaia! Il teschio messicano ha difatti, per me, un significato importante. Sono agnostica, non credo nei dogmi della Chiesa e in particolare ripudio il modo di concepire la morte e la celebrazione dei defunti della religione cristiana. In Messico la morte di una persona cara è una festa di colori e di amore, che celebra la vita e la gioia del ricordo. In tale Paese la morte è viva, in quanto parte stessa proprio della vita – essa è vissuta come un rito di passaggio, come un parto rovesciato. Calavera, per me, non è sinonimo di ‘Memento mori’ bensì funge da ‘Memento vivi’ in quanto mi ricorda per l’appunto la gioia di essere viva, pur nella consapevolezza che un giorno morirò . E, per quando accadrà, disporrò perché ci sia musica e colore e calore”.

Infine, difficile è non notare che il seno nudo è una parte del corpo proposto con un evidente focus su di sé in parecchi suoi disegni (ad esempio in quello della Regina di Cuori, delle deux funambules, delle little mermaids, di Frida Kahlo e nel suo autoritratto) pertanto le domando quale valore e significato portante gli attribuisce. “Come anticipato precedentemente, amo molto le donne e amo altrettanto molto essere donna. Il seno è meraviglioso, è progettato per essere ammirato e desiderato. È un cuscino soffice sopra il nostro cuore. È il richiamo erotico per eccellenza, è la sirena di Ulisse, è il bambino che è in ogni uomo. È nutrimento, è consolazione, è sangue e latte, è battiti… Vorrei che avessimo la possibilità di mostrarlo come fanno gli uomini, ma temo che si sia ben lungi da tanta libertà di pensiero”.