Copertina della rubrica: grafica a cura di Giulia Ercolini (link Instagram) 

Eccoci con lo “Speciale Racconti” della rubrica “unLibro unViaggio”: oggi il terzo e ultimo capitolo (i primi due sono usciti lunedì 16 gennaio e lunedì 23 gennaio) de “IL MURO DI CINTA” scritto da Fabio Valerio.

IL MURO DI CINTA
di Fabio Valerio
Terza parte

Buio, solo buio tutt’intorno.
Dove sei? Come sei arrivato lì? Chi ti ci ha portato?
Agitato provi ad alzarti ma sbatti immediatamente la testa. Allarghi le braccia alla tua destra e alla sinistra e ti accorgi di avere pochi centimetri a disposizione, ai lati. Lo stesso vale al di là dei piedi.

Panico.

Il respiro si fa subito pressato, ansimante. Provi ad allargare bene la bocca per far entrare quanta più aria possibile, come se ne avessi fame e nel frattempo con i gomiti provi a spingere ai lati, per farti spazio, ma niente.
Provi anche a spingere verso l’alto, con gomiti e ginocchia, ma lo sforzo sembra invano.
Ad ogni spinta senti il sangue arrivarti in testa e immagini le vene del collo e della fronte ingrossarsi a dismisura, così come quelle delle braccia.

Non si muove niente, neanche di un millimetro.
Provi allora a ragionare ma è tutto talmente buio che non filtra neanche un minimo di luce, almeno per capire dove tu possa trovarti.
Capisci di trovarti sotto il suolo.
La temperatura è fresca e sicuramente molto più umida della superficie.
Senti il terreno umido sotto la tua schiena che inizia a bagnarti i pantaloni e la maglia e una sensazione di claustrofobia inizia a insinuarsi tra i tuoi pensieri.
Questi pensieri che vagano dall’essere sotterrato vivo, dal chi possa averti fatto questo, nonostante non ci sia assolutamente nessuno in questo luogo dove ormai ti vedi costretto a vivere da lungo tempo, alla paura di riuscire a liberarti e trovare, al di fuori, qualcosa di ancora più spaventoso.
In tanti anni non hai mai capito come tu sia arrivato in questo posto desolato, e ora non hai assolutamente idea del dove tu possa trovarti in questo momento.

Il sapore di terra ti entra in bocca e l’odore di umido ormai è un tutt’uno con gli altri sensi.
Sai di verme, senti la puzza di verme e sei sotto terra come un verme.
Urli ma nulla. Senti solo il rimbombo della tua voce, come fossi chiuso in una scatola. Provi ad ascoltare un rumore, un suono proveniente dall’esterno. Ti taci, provi a controllare il respiro, rimani immobile, concentrato solo su eventuali suoni: non c’è segno di vita là fuori e non riesci neanche a percepire eventuali suoni o rumori naturali, come vento, pioggia e altro.
Sei morto, non c’è altra spiegazione.
Sei morto e qualcuno, non si sa chi perché in realtà non c’è nessun qualcuno lì, ti ha trovato esanime e ti ha sotterrato.
Ma poi, per un qualche motivo, ti sei risvegliato.
Non c’è altra spiegazione. Ed è la cosa più terribile che tu possa aver mai immaginato potesse capitarti. Risvegliarti metri sotto terra, destinato a diventare terriccio, morendo lentamente di stenti, per mancanza d’aria, di acqua o di cibo. Fa paura solo pensarlo, viverlo è davvero terrificante.
Non ti dai per vinto, così con un po’ di coraggio inizi a raschiare con le dita e le unghie il terreno sopra di te, facendotelo cadere sullo stomaco, cercando di guadagnare centimetri verso la superficie.
Il dubbio che tu non stia sotto terra è praticamente inesistente.
Ne sei convinto, anche se non hai davvero idea di chi possa averti sepolto.
Ogni tanto, scavando, trovi un verme o qualcosa di simile, allora lo infili in bocca di fretta, senza pensarci, per evitare di vomitare, per guadagnare qualche caloria utile alla fatica spesa nello scavare. Alla fine sono proteine. Alla fine gli animali mangiano vermi e cose simili, cosa ci sarà di tanto diverso tra te e loro?

Infatti l’istinto di sopravvivenza sta facendo il suo dovere e, dimenandoti cercando di creare quanto più spazio possibile, inizi a spingere la terra tolta dalla parte superiore di quella trappola, oltre i piedi.
E mano mano scavi, e mano mano spingi la terra via, finché non trovi qualcosa di duro, sopra di te.
Sembra legno, ma non è un coperchio.
Forse sono radici, o tuberi, o qualcosa del genere. Provi a staccarne un pezzettino e, avvicinandolo alla bocca, arrivi appena a sfiorarci la lingua. Amaro. Il sapore più amaro che tu abbia mai sentito, nonostante ti stia cibando di vermi e il fatto che di solito, appena sveglio, ti faccia un infuso di erbe trovate in giro, davvero molto amare.
Scavi ancora, e ancora, e ancora, ma sembri sembra al solito punto.
Non hai più spazio di prima, hai solo meno aria e più sete. E il sapore di terra inizia a seccarti la lingua e il palato. Pagheresti con una gamba per avere un po’ d’acqua e un po’ d’aria in più, adesso.

E la stanchezza, la disidratazione e la carenza di proteine non aiutano certamente a mantenere la concentrazione nello scavare. Piuttosto tutta questa scarsità non fa altro che incentivare la paura di non riuscire mai a uscire da lì.

I pensieri vanno alla noia passata negli ultimi anni in questi luoghi, al ruscello, al caro vecchio amico muro, a quel letto che, pensato da quaggiù, sembra un comodo nido di un albergo a cinque stelle.

Pensi a tutte le volte che sei andato avanti e indietro, per la campagna, dal muro fin sulle colline, in cerca di anima viva, senza mai trovare nessuno.
Al fatto che non ricordi neanche più cosa facevi, chi eri e con chi passavi la vita, prima di arrivare su questo pianetino. Sì è così che lo hai pensato.

E provi a immaginarti il muro, con tutti quei buchi, con quell’altezza così esageratamente imponente, con la sua sicurezza e la sua beffardaggine.

E ti chiedi a cosa sia servito sopravvivere così, tutti quegli anni. Giusto per esserci, senza scoperte, senza creazioni, senza condivisione, senza vittorie e soddisfazioni.

E le mani, che prima scavavano incessantemente, ora si fanno più deboli, meno convinte, meno laboriose.

E le lacrime di una persona che ha gettato al vento tanti e tanti anni, col solo scopo di arrivare al giorno seguente, bagnano le guance e scorrono fin dietro le orecchie, lasciandosi poi cadere al suolo, che le assorbe, in pieno ciclo naturale, convinte del tornare a essere terra, o cenere come dice qualche detto.
E forse anche tu, in cuor tuo, inizi a convincerti che sarebbe meglio entrare a far parte di quel ciclo, che la tua esistenza in fondo non sia stato solo tutto un alimentare il tuo proprio ego, e che forse sarebbe ora di restituire tutto l’ossigeno e le proteine sprecate a tenerti vivo, per ridarle alla natura, al suo corso vitale, che in fondo inizi a credere che funzioni meglio senza di te e senza il tuo insano egoismo umano.

Il pianto inconsolabile si placa solo a causa della scarsità d’aria e, poco prima di esalare l’ultimo respiro, una domanda si fa strada nella tua mente, forse come ultimo appiglio di speranza, come ultimo baluardo alla sopravvivenza di un essere che, se scampasse a tale destino, ricomincerebbe a sopravvivere lamentandosi della noia e della solitudine: “Che sia tutto solo un brutto sogno?”.

Gli occhi sono spalancati da un po’ ma non vedono nulla.

La bocca dilatata al massimo. Gli arti immobili e la pancia, ricoperta di terra, ormai non si gonfia più.

Muori qui.

Non sai dove, non sai perché, non sai in che tempo.

Sai solo che tutto il resto della tua vita è stato uno spreco di lamentele, e vorresti fossi stato diverso.

L’autore
Mi chiamo Fabio Valerio, sui social erofaalbivio, sono di Roma e ho 40 anni. Nel giugno 2020 ho pubblicato il mio primo libro: Cosa ho imparato durante (e grazie) il coronavirus, uno pseudo saggio sociale/morale. Nel maggio 2021 ho pubblicato il mio secondo libro: Nuovo libretto delle arti magiche, un manuale sulla gestione delle energie e dei pensieri creativi. Il 31 marzo 2022 è uscito il mio terzo titolo: Un giorno lento, un romanzo breve con ambientazione western dalle note introspettive. Al momento sto lavorando a una raccolta delle mie poesie, al secondo volume del libretto delle arti magiche, a un romanzo di formazione breve con contaminazioni music romance e a un trattato in stile racconti brevi che riguarda le fobie e le paure. Scrivo articoli, poesie, racconti e storie per il sito http://www.la-filosofia.it/, con il circolo intellettuale SIMPOSIO 2021, e per il webzine frasidiognigenere.it e ho un blog dove raccolgo tutti i miei scritti: https://pabproject.myblog.it/ (ancora in fase di aggiornamento). Gestisco una rubrica “Le Bioindie” che propone interviste, biografie, lanci, presentazione nuovi brani e aggiornamenti di playlist, tutto sulla musica indipendente italiana e un'altra rubrica dedicata alle interviste scritte ad autori emergenti. Collaboro come autore di testi di canzoni per etichette di musica indie.